Biodiversità che cambia (seconda parte)
Gli ecosistemi di acqua dolce sono ricchi in biodiversità, ma allo stesso tempo particolarmente vulnerabili all’introduzione di fattori di disturbo che incidono sulle specie native e sulle delicate e complesse catene alimentari.
Gli ambienti acquatici e la loro biodiversità sono inoltre seriamente minacciati dal cambiamento climatico, dalla modificazione delle precipitazioni e dall’accentuazione dei fenomeni meteorici estremi: alluvioni, siccità, alte temperature. (Millennium Ecosystem Assessment 2015, Bellard et al. 2012).
Questi fenomeni si trasmettono a cascata con effetti sulle componenti biotiche e abiotiche degli ecosistemi acquatici, causando ad esempio eutrofizzazione e proliferazioni algali massive.
Gli ambienti di acqua dolce sono anche molto vulnerabili all’arrivo e all’insediamento di nuove specie. In questo secondo contributo consideriamo la pressione e l’impatto sui sistemi d’acqua dolce provocati dalle specie aliene.
Il Regolamento europeo 1143/2014 elenca 39 specie (delle 88 considerate di interesse europeo) che possono interessare laghi, fiumi, stagni e zone umide, e ne vieta l’introduzione, la detenzione, l’allevamento, il trasporto e il commercio. 30 di queste sono presenti in Italia, le cui caratteristiche sono descritte in schede informative https://easin.jrc.ec.europa.eu/easin/CitizenScience/Factsheets .
Tra queste vi sono piante acquatiche (es. Lagarosiphon major, Elodea canadensis,…), pesci (es. Lepomis gibbosus o persico sole,…), anfibi e rettili (es. la testuggine americana dalle guance rosse). Animali quali la nutria, il topo muschiato e il procione, pur essendo considerate terrestri, provocano danni agli argini dei fiumi, alle rive dei canali e predano attivamente specie native, come il gambero europeo, Astropotamobius pallipes.
Le specie aliene acquatiche sono molte di più di quelle indicate nella legislazione europea. Ad esempio, nel solo bacino del Po, la maggior parte delle 26 specie ittiche non native attualmente presenti, inclusi siluro e pesce gatto, è stata introdotta dopo il 1850.
Nel lago di Varese, le specie alloctone costituiscono circa il 50% del numero di individui e della biomassa, e la comunità ittica è dominata da specie zooplanctivore o bentivore, che accentuano la pressione di predazione sul plancton animale (zooplancton), favorendo il proliferare delle microalghe (fitoplancton) e riducendo la trasparenza delle acque.
Tra le diverse specie non native, insediatesi con successo nelle acque del lago, ricordiamo: il siluro (Silurus glanis), il carassio (Carassius carassius) e il lucioperca.
Nel lago sono presenti anche piante infestanti quali la porracchia (Ludwigia grandiflora), specie di interesse europeo, il fior di loto (Nelumbo nucifera), inserita nella lista della Legge Regionale 2658/2019 come specie da eradicare e contenere.
Le piante invasive acquatiche sottraggono luce agli strati profondi, producono grandi quantità di biomassa, provocano rallentamento del flusso dell’acqua, in modo particolare nel corso di forti precipitazioni, sono ostacolo alla navigazione. Il ristagno favorisce lo sviluppo delle zanzare e può portare a processi di putrefazione.
Un esempio di questo impatto è costituito dalla pianta Pontederia (Eichhornia) crassipes, o giacinto d'acqua, che si diffonde molto rapidamente sulla superficie dell’acqua, compromettendo le attività ricreative e turistiche: la sua gestione mediante rimozione meccanica, come attuato in Spagna, è molto costosa e a volte non risolutiva, per la dispersione di frammenti di piante.
Contro Il Lagarosiphon major, pianta acquatica africana, è possibile adottare diverse misure per il controllo e l’eradicazione, come indicato dal Piano di gestione nazionale. Le misure seguono un approccio integrato e includono la rimozione manuale, meccanica o per aspirazione, e l’ombreggiamento mediante teli.
In tutti gli interventi di eliminazione delle piante acquatiche è fondamentale non disperdere i propaguli vegetali posizionando barriere galleggianti ed effettuare controlli di efficacia post intervento.
In Inghilterra e in Paesi extra-UE sono anche allo studio programmi di controllo delle piante acquatiche mediante lotta biologica.
Ma come arrivano queste specie nei nostri fiumi e laghi? Come detto attraverso introduzione intenzionale, perché interessanti per la pesca sportiva o accidentalmente con attrezzature o imbarcazioni. È questo il caso della Cozza Quagga, mollusco originario del lago d'Aral e del bacino del Mar Nero, che minaccia la biodiversità in diversi laghi svizzeri, tra cui il Lago Ceresio. È presente inoltre nel lago di Garda. I molluschi, grandi filtratori di acqua, producono inizialmente un vistoso illimpidimento dell’acqua, ma il processo di filtrazione causa il depauperamento del fitoplancton e zooplancton necessari per l’alimentazione di altre specie.
Elevate popolazioni di molluschi, morendo, lasciano grandi quantità di gusci. I molluschi causano anche l’ostruzione delle condutture dell’acqua. Molluschi e larve sono in grado di sopravvivere fino a 90 ore fuori dall’acqua, e questa caratteristica gli consente di attaccarsi agli scafi delle imbarcazioni o sulle zampe degli uccelli migratori e di farsi trasportare.
Per la prevenzione è fondamentale, prima di spostarsi da un bacino all’altro, controllare e svuotare la sentina, e pulire meticolosamente le imbarcazioni, gli equipaggiamenti sportivi o attrezzature di ricerca, mediante idrogetti a pressione e preferibilmente ad una temperatura di oltre 45 °C.
Per quanto riguarda la gestione e il controllo delle specie di pesci alieni, con il contributo dei pescatori sportivi, si può praticare la pesca selettiva, e gabbie di cattura in corrispondenza di scale o corridoi di risalita, lungo corridoi ecologici che permettono il passaggio di specie migratrici (es. diga di Isola Serafini, sul fiume Po: https://www.agenziapo.it/content/17-marzo-inaugurazione-scala-risalita-pesci-isola-serafini-sul-po ).
Per le specie già introdotte sul territorio sono stati predisposti piani nazionali e regionali di eradicazione e contenimento, https://www.mase.gov.it/pagina/piani-di-gestione-nazionali-approvati inclusi L. major, Trachemys scripta, Myriophyllum aquaticum, Pontederia crassipes, Procambarus virginalis, P. clarkii, Ibis sacro, nutria, e per il controllo delle vie di introduzione – pathways.
La tartaruga Trachemys scripta, originaria del bacino del Mississippi, è stata commercializzata in Italia come animale da acquario (il suo commercio è stato vietato nel 1997) , e la sua introduzione nell’ambiente è dovuta alla liberazione volontaria degli animali stessi o perché sfuggiti ai proprietari.
T. scripta può influire sulle comunità̀ acquatiche predando molti animali, tra cui insetti acquatici, crostacei, pesci e anfibi, nutrendosi anche di vegetazione acquatica.
La sua eradicazione, anche mediante spostamento di esemplari in luoghi confinati, è l’obiettivo da perseguire quando la presenza è circoscritta o segnalata per la prima volta in una nuova area, intervenendo rapidamente con efficacia. Nei casi in cui la specie sia diffusa e l’eradicazione non sia praticabile, anche sulla base dell’analisi costi/benefici, si dovranno applicare misure di contenimento per contrastarne l’espansione e limitarne gli effetti negativi sulla biodiversità̀.
Oltre a rischi per la biodiversità, le specie aliene possono essere ospiti intermedi e diffondere organismi patogeni delle loro aree di origine malattie letali per le specie native o pericolose per l’uomo. https://bit.ly/4cah7YO .
Il gambero rosso, Procambarus clarkii, noto anche come gambero della Louisiana, una delle specie di gambero più diffusa in Italia, è vettore della chitridiomicosi e della peste del gambero, letali rispettivamente per gli anfibi e per le specie native europee di astacidi tra cui il gambero di fiume Austropotamobius pallipes. Uno dei metodi di controllo della specie, e di altre specie di gambero alieno (Faxonius rusticus, Pacifastacus leniusculus, Procambarus fallax…), è tramite posizionamento di nasse. Gli esemplari catturati possono essere soppressi tramite refrigerazione, pratica che ne determina la morte senza provocare sofferenze. Le carcasse vengono poi smaltite come previsto dal Regolamento CE n. 1069/2009 mediante incenerimento ( https://www.mase.gov.it/sites/default/files/archivio/allegati/biodiversita/piano_gestione_gambero_louisiana.pdf ). La consapevolezza, la formazione, l’informazione ed il coinvolgimento dei frequentatori di areali acquatici è fondamentale: pescatori, canoisti, utilizzatori di barche, naturalisti (bird watchers, osservatori botanici), escursionisti, cacciatori, attraverso canali multimediali e con cartellonistica nei luoghi visitati, per evitare il trasporto volontario o adottare misure atte a prevenire la diffusione accidentale di specie aliene (es. programma conosciuto come “check clean and dry”).
Piani di controllo delle specie aliene sono presenti in molte regioni, es. Lombardia https://bit.ly/3VCDC1u e Piemonte https://bit.ly/3RIhPo9 .
Una forma efficace di coinvolgimento delle persone nella gestione delle specie aliene è la Citizen Science, o scienza partecipativa, attraverso la quale le persone possono contribuire alla raccolta di dati a fini scientifici o partecipare attivamente a progetti di gestione e monitoraggio di specie aliene attraverso l’uso di App tra le quali iNaturalist https://www.inaturalist.org/, Plantnet https://identify.plantnet.org/it , Leafsnap https://play.google.com/store/apps/details?id=plant.identification.snap&hl=en , JRC App https://bit.ly/3QxJXtP .
Un esempio di applicazione della Citizen Science è il progetto di rilevamento di molluschi alieni “TevereMolluschiFantastici” https://bit.ly/4eFxbTW , mediante discesa in canoa del fiume Tevere. I partecipanti hanno pubblicato le loro osservazioni georeferenziate sui social media. I risultati sono stati soddisfacenti sia dal punto di vista scientifico sia di partecipazione e coinvolgimento dei volontari: è stata segnalata per la prima la presenza della “vongola asiatica” (Corbicula fluminea) in Umbria ed è stata ricostruita la distribuzione dei molluschi alieni lungo il corso del fiume.
La prevenzione dell’introduzione di specie aliene negli ambienti acquatici è raggiungibile solo attraverso un approccio di gestione integrato e una corretta vigilanza, evitando il rilascio di pesci e piante da acquari o da laghetti privati nei corsi d’acqua, evitando il prelievo e il trasporto di specie invasive tra corpi d’acqua, e applicando tecniche di buona pratica per i diversi settori economici.
Il monitoraggio territoriale sistematico, la collaborazione tra le autorità competenti e i corpi ispettivi a livello nazionale e regionale, la sensibilizzazione e formazione delle persone sono fondamentali per affrontare il complesso problema della diffusione delle specie aliene ed evitarne l’impatto sugli ecosistemi acquatici, tutelando in questo modo la biodiversità nativa.
- CONTINUA -
Dr. Eugenio Gervasini e Dr.ssa Beatrice Melone
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