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Stabilità dei boschi artificiali di Conifere

Con sempre maggiore frequenza si verificano eventi meteorici eccezionali, in alcuni contesti le ripercussioni sono gravi, a parità di intensità di evento in alcune condizioni gli effetti sono peggiori.

È il caso ad esempio dei boschi artificiali di Conifere, con Abete rosso (Picea abies) e qualche specie accessoria, ad esempio Duglasia (Pseudotsuga menziesii) e Larice (Larix decidua).

L'evento di inizio ottobre è stato particolarmente intenso e devastante per i boschi di Conifere del Campo dei Fiori sopra Varese, dove alcune centinaia di piante sono cadute al suolo o si sono spezzate. Le cadute hanno riguardato principalmente Abete rosso, qualche pianta di Faggio, Betulla, Frassino, Larice, Duglasia.

L'evento è stato eccezionale poiché la velocità del vento è stata di 110 Km/ora al Campo dei Fiori (Beaufort 11), e fino a 80 Km/ora in pianura (Bft 9).

Ora, è buona cosa chiedersi le cause degli avvenimenti, se gli effetti possano essere evitati, e quale possa essere la migliore soluzione per un bosco ad elevata fruibilità. Le piantagioni forestali di Abete rosso trovarono origine nel secolo scorso quale intervento di selvicoltura nel quale una delle funzioni principali era il rifornimento di legna per costruzioni. Successivamente si iniziò a parlare di selvicoltura naturalistica, con interventi che avevano anche la funzione di salvaguardare e migliorare il territorio. Alcuni di questi boschi sono intensamente fruiti, si trovano in vicinanza di centri abitati e sono periodicamente percorsi dalla popolazione. L'elevata fruibilità complica le cose, cambiano i criteri di gestione. Da prettamente naturalistici in cui il territorio boscato fa da sé a foreste con intensa fruibilità, in cui i fattori relativi alla sicurezza diventano rilevanti.

Per approfondire lo stato di fatto è bene ricordare che questi tipi di boschi sono un'eredità del passato, costruiti secondo concezioni e modalità di un tempo su terreni di proprietà privata. Nell'odierno verrebbero costruiti e gestiti con modalità differenti.

Le cadute riguardano sopratutto Abete rosso, specie soggetta a caduta per ribaltamento della zolla. Oltre alle cause che normalmente provocano caduta delle piante (malattie dei tessuti legnosi, lavori dell'uomo, difetti strutturali, tipo di specie, cause abiotiche - fulmini) in questo caso tre fattori sono stati i responsabili dei cedimenti. Il primo è legato alle modalità con le quali è stato costituito il bosco, vale a dire con piantagione di conifere con ridotte distanze di impianto. In questo modo i singoli alberi non ricevono adeguate sollecitazioni e non formano strutture legnose (radicali, ovalizzazioni, legno di reazione, ecc) adeguate per sopportare eventi climatici con elevata intensità. Tutti gli Abeti caduti per questa causa hanno apparato radicale insufficiente rispetto alle dimensioni delle piante. La maggior parte degli alberi caduti possedeva estensione dell'apparato radicale pari a 1,5 metri di raggio, misura insufficiente per piante di altezza > 25 metri.

Il gruppo di piante funziona, finché le piante rimangono raggruppate la stabilità è assicurata. Quando un evento atmosferico (ad esempio una tromba d'aria) riesce ad entrare all'interno del gruppo le piante possono cadere. Analogamente piante cresciute in gruppo e successivamente rimaste isolate hanno elevato rischio di caduta. Il rischio non è costante nel tempo, ma aumenta con le dimensioni degli alberi. Un po' meglio la situazione nel caso di boschi di Conifere disetanei, o che sono stati diradati.

Capire le cause della caduta aiuta a mettere a punto modalità di formazione di aree boscate più sicure.

Nei conifereti artificiali ad elevata fruizione le distanze di impianto devono essere maggiori, ad esempio 20x20 metri, in modo che le singole piante ricevano adeguate sollecitazioni e formino strutture in grado di sopportare eventi eccezionali. D'altro canto è anche possibile verificare la propensione al cedimento visionando l'apparato radicale che negli Abeti è molto superficiale, se le radici laterali sono lunghe 1 o 1,5 metri il rischio è elevato. Esiste una metodologia che quantifica il rischio alla caduta per ribaltamento della zolla, è la prova di trazione o Pulling test, ma improponibile in campo forestale e su larga scala.

Nella gestione forestale di un territorio dovrebbe trovare spazio anche la stabilità del popolamento e delle singole piante, fattori ancora più importanti nei boschi ad elevata fruibilità.

L'altro fattore di caduta è legato al primo ed è l'effetto domino, le piante che cadono investono altre piante, queste magari posseggono adeguate strutture per sopportare eventi molto intensi. Spesso questo fattore determina lo spezzamento del tronco della pianta investita. Nel caso del Campo dei Fiori si è verificato un terzo fattore per le piante a confine con la strada, la presenza di una strada carrabile (asfaltata o sterrata) ha determinato condizioni inidonee per le radici, con moria di radici legnose al di sotto del piano stradale.

I moderni criteri di selvicoltura naturalistica escludono che un intervento di forestazione sia eseguito con un sola specie (ad esempio Picea abies) o con un solo tipo di pianta (ad esempio solo con Conifere), e che le piante da mettere a dimora siano meglio inserite rispetto alle caratteristiche del luogo. Si parla quindi di fase climax, intendendo con ciò la formazione più in equilibrio con le caratteristiche climatiche e pedologiche di un territorio.

Nel tempo però le conifere del Campo dei fiori hanno caratterizzato il paesaggio, è un intervento eseguito molti anni addietro ma che ha segnato profondamente il territorio.

Dal punto di vista ambientale il danno è grave solo per i primi anni dall'evento, con assenza di copertura arborea. La caduta ha riguardato quasi esclusivamente una sola specie, peraltro messa a dimora artificialmente. Il danno è invece grave dal punto di vista economico (la fruibilità andrà ripristinata con esborso economico notevole), paesaggistico (l'abetina è stata quasi decimata dagli eventi, dopo altri due eventi che ne avevano provocato la moria: scolitidi ed incendi).

Il decorso naturale delle cose prevede l'ingresso della fase climax, per il versante sud con Acero e Frassino, con specie minoritarie quali Betulla, Tiglio, Ciliegio, Sorbo, per il versante nord con Faggeta, dopo formazioni boscate temporanee e pioniere, quali Rovo e Nocciolo.

Le Conifere del Campo dei Fiori nel tempo sono state interessate da una grave malattia con recrudescenze periodiche (coleotteri corticicoli) con moria delle piante, da incendi e da eventi meteorici di grave intensità.

È ragionevole credere che una gestione moderna dei popolamenti debba fare riferimento alla selvicoltura naturalistica, con evoluzione naturale verso il bosco climax, più stabile nel tempo e con meno predisposizione alla caduta delle piante, garantendo una più sicura fruibilità.


Dr. Luciano Riva

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Rivista HABITAT

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