La ripresa dei boschi dopo gli incendi.
L’incendio dei boschi rappresenta un evento traumatico per le formazioni boscate e per la fauna associata o che vive all'interno dei boschi. Gli incendi nel nord Italia avvengono principalmente durante la stagione autunnale o tardo invernale, non si verificano normalmente nel periodo estivo. Nel valutare gli effetti di un incendio occorre considerare se possano esistere interventi preventivi che possano limitare i danni del fuoco, se alcuni boschi possano risentire meno del passaggio dell'incendio, se la ripresa successiva possa essere sufficientemente rapida e se possano essere messi in atto interventi per il ripristino.
La struttura del bosco ha notevoli effetti sull'entità del danno da incendio, a seconda del tipo di piante presenti (arboree, arbustive, erbacee, rampicanti e tappezzanti) gli effetti sono molto diversi, diverse sono le conseguenze se il fuoco colpisce solo lo strato basale piuttosto che quello delle chiome. Se sono interessate piante arboree scompare tutta la copertura del suolo, con ripercussioni sulla durata della ripresa e sul rischio idrogeologico con possibilità di dissesti superficiali. Altro fattore che influisce sull'entità del danno è il grado di copertura del suolo da parte delle chiome, minore è la copertura minori effetti si avranno sugli ecosistemi. Riguardo la struttura e la composizione di un bosco è da considerare come la composizione non sia costante nel tempo, ma piuttosto le formazioni boscate attraversano fasi evolutive successive. Le diverse fasi reagiscono in modo diversificato al passaggio del fuoco, ad esempio un bosco in fase matura (climax) conterrà più sostanza organica morta di uno che si trova in una fase evolutiva precedente.
L'incendio nei boschi compromette le funzioni che un bosco assolve, ad esempio quella idrogeologica (dipendente dalla quantità di pioggia annua, dalla pendenza, dal tipo di roccia, dallo spessore del suolo, dal tipo di piante presenti). La funzione naturalistica può venire compromessa in modo più o meno marcato (biodiversità e complessità delle strutture vegetali). Per contro i boschi di natura artificiale, monospecifici e con poca variabilità hanno una suscettibilità al fuoco maggiore. Il fuoco provoca più danni, perché la struttura ha dappertutto identica suscettibilità e se si verifica l'evento tutto il sistema verrebbe distrutto.
Alcuni boschi hanno anche funzione produttiva, i boschi governati a ceduo hanno diversa suscettibilità al fuoco rispetto a quelli governati a fustaia. Inoltre la funzione produttiva di un bosco può prevedere interventi di ripulitura, di miglioramento o di trasformazione della forma di governo. Altre funzioni sono quella ricreativa e di anti inquinamento (es. fissazione di polveri sottili o anche di metalli pesanti). Per molti boschi vicini ai centri urbani la funzione ricreativa, anche se rimangono le altre funzioni, diventa prevalente. La funzione ricreativa può essere in antitesi rispetto alle altre (es quella naturalistica). La valutazione circa la compromissione di tutte le funzioni è oggetto del lavoro di verifica e valutazione dopo il passaggio del fuoco, per verificare i danni, le capacità naturali di ripresa e valutare eventuali interventi di ripristino o bonifica. Esistono quindi alcune condizioni predisponenti al fuoco: condizioni atmosferiche, tipo di vegetazione, interventi umani pregressi, quantità di acqua contenuta nella vegetazione arborea, piante morte in bosco. La conoscenza della struttura del bosco, della sua evoluzione nel tempo e dei fattori predisponenti permette di definire alcuni interventi preventivi, volti a diminuire il danno in caso di incendio. Questi interventi servono a diminuire la superficie interessata (pulitura e mantenimento delle strade e della viabilità forestale), interventi selvicolturali di ripulitura delle formazioni boscate, sottraendo e diminuendo la quantità di combustibile in bosco, linee parafuoco verdi (eliminazione del solo strato arbustivo). Va da sé che gli interventi preventivi si eseguono nei boschi con prevalente funzione ricreativa o in quelli vicini ai centri urbani.
Nei boschi con prevalenza della funzione naturalistica gli interventi preventivi sono minori e meno invasivi, casomai vengono eseguiti interventi dopo il passaggio dell'incendio (ad esempio messa a dimora di piante in fustaie di grande superficie) per ripristinare in tempi rapidi un percorso di rinaturalizzazione che comunque avverrebbe in tempi più lunghi. Altro intervento di carattere preventivo si può mettere in atto nelle aree protette, con differente gestione delle superfici e diverso grado di tutela. In termini tecnici si chiama zonizzazione, cioè diverse zone nelle quali le più esterne o le più fruite possono essere interessate da interventi preventivi per gli incendi, le aree a maggiore tutela (di solito zone A) con minore fruizione, maggiore naturalità e minore necessità di interventi umani. Così come per gli interventi preventivi è necessario valutare l'opportunità ed il beneficio dei diversi interventi post evento possibili. Gli obiettivi degli interventi sono quelli legati al raggiungimento od al ripristino di elevata biodiversità, alla rapida copertura del suolo anche per scongiurare eventi di dissesto, rapida colonizzazione da parte delle specie animali (invertebrati compresi). Se il fuoco non riguarda le chiome degli alberi non si hanno modifiche nella vegetazione, la fase climax rimane e l'incendio distrugge la parte bassa del bosco e gli animali terricoli. In questo caso (succede ad esempio nei cedui di Castagno) gli interventi post incendio sono più limitati e consistenti nell'eliminazione di parte della vegetazione o delle piante disseccate. Se il fuoco riguarda le fustaie di latifoglie gli interventi sono analoghi, con eliminazione delle piante disseccate o scottate. Però in questo caso si possono verificare eventi di dissesto superficiale, nel tempo che intercorre dall'incendio fino all'insediamento di nuove piante da seme.
Se l'incendio riguarda fustaie di conifere è più facile che il fuoco raggiunga le chiome, con danni più estesi. Se la superficie è notevole la ripresa sarà molto lenta, dovuta anche alla notevole distanza fra le piante che producono seme e le vaste aree con assenza di vegetazione. In questo caso la messa a dimora o la semina di piante arboree è utile per velocizzare il processo di rinaturalizzazione.
Il processo di ripresa dopo l'incendio nel quale siano morte le piante segue lo schema della colonizzazione di nuovi ambienti, arrivano prima le specie pioniere, poi seguono altre fasi della successione. Arrivano prima specie erbacee poi arbustive ed arboree. Altri interventi possibili sono: nessun intervento (se la ripresa spontanea è sufficientemente rapida e se il danno è limitato al sottobosco), semina di specie erbacee (affinché il suolo venga coperto ed affrancato in pochissimo tempo), dati e studi sulla ripresa a distanza di qualche anno dal passaggio dell'incendio, selezione dei polloni formatisi successivamente all'evento in bosco ceduo, diradamento o sfollo nelle fustaie, semina o messa a dimora di specie arboree in aree nelle quali la rinnovazione da seme può essere problematica, riconversione di formazione artificiale (es Abetine di Abete rosso o Pino strobo) in bosco naturale più coerente con le condizioni pedoclimatiche.
Dr. Luciano Riva