La valutazione della stabilità delle piante scienza o magia.
In questi 22 anni di valutazione fitostatica ho potuto percorrere gran parte dei metodi e delle innovazioni che la valutazione fitostatica ha portato e sta portando in Italia, con il contributo di tutto il mondo scientifico.
Tutto inizia con la necessità di comprendere come comportarsi con le piante presenti “in Città”. Lo sviluppo avanzava, mutavano gli ambienti e la pianta giusta al posto giusto non era più tale. Le piante erano in un ambiente ostile avevano (ed hanno) problemi, malattie ma lo schianto accettato in bosco, in un ambiente urbano, non è sopportabile, spesso è causa di danni a persone o cose o addirittura causa incidenti mortali. L’esperienza era solo la gestione delle piante in bosco, ma come gestirle in un contesto urbano. Già nel 1924 in USA nasce la ISA (International Society of Arboricolture) che avvia i primi approcci con le piante “urbane”. La rivoluzione arriva dagli anni 1960 con Shigo e Mattheck, teoria CODIT, corteccia inclusa, biologia degli alberi e la fisica meccanica applicata agli alberi, poi un fiume di studi, ricerche, fino ad oggi con il metodo S.I.A. (Static Integrated Method) e il più recente approccio con il metodo ARCHI, i tensionatori, studi sugli apparati radicali e tanto altro. Un mondo in continuo sviluppo, ovviamente con i tempi dettati dalla natura. Ma su tutti rimane elemento fondamentale nella diagnosi il protocollo VTA (Visula Trees Assessment). Ma la ricerca è sempre più votata a dare strumenti in ausilio alla valutazione VTA. All’inizio si è mutuato dall’arboricoltura forestale il succhiello di Pressler. Con una sonda si estraeva dal tronco una carota di pochi cm e la si esaminava. Ad aiutare questa valutazione “endoscopica”, arrivò in soccorso il frattometro che permetteva con uno strumento di avere un dato oggettivo sulla forza e sulla elasticità della “carota” e di conseguenza del legno estratto. Grazie ad alcune tabelle si comparavano i risultati. Strumento faticoso invasivo e di impegnativa utilità, nel supporto alla analisi. Si immagini di campionare molte piante! In seguito vengono forniti strumenti ad ultra suoni che connettevano due punti diametralmente opposti (principalmente) e in base a tabelle si capiva se la velocità del suono, in base al diametro, aveva correlazione positiva o negativa (cavità). Uno di questi strumenti l’Arbosonic era stato preso in prestito dai verificatori dei pali della luce in legno, che con questo metodo valutavano se il palo doveva essere sostituito o meno. Di pari passo si affacciano i resitografi, trapani incrementali, all’inizio più o meno sofisticati, che rilasciano un grafico, avanzando, sulla resistenza del legno. Oggigiorno lo sviluppo è molto forte e le ultime generazioni sono veramente moderni. Questo metodo facilità anche le analisi in quota delle inserzioni o delle cavità presenti. Di lunghezza differente possono indagare sezioni a profondità stabilite dalla lunghezza dell’ago. Negli ultimi 20 anni si sono proposti al mercato dei valutatori fitostatici i tomografi sonici ed “elettrici”. Questi grazie a sensori applicati al tronco sfruttando la velocità del suono o dell’elettricità, rilasciano un grafico che indica le parti ammalorate della pianta al suo interno senza doverla tagliare. Il tomografo “elettrico“ è meno diffuso per la sua sensibilità al quantitativo di “acqua” all’interno della pianta che può rendere complessi i dati nella loro interpretazione, ma ha la capacità di rilevare certe anomalie non rilevabili con il suono. Ogni ditta ha il suo software che elabora i dati e ne dà un grafico più o meno interpretabile. Ora strumenti sempre più leggeri possono permettere, non senza grosse difficoltà analisi anche in quota. In alcuni casi il confronto tra tomografi differenti ha potuto evidenziare risultati non sempre coerenti tra loro. Penultimo metodo arrivato è la trazione (Pulling test), oggi molto in voga. Complesso nella gestione, si posizionano due inclinometri sulla pianta, alla base ed ad una certa altezza. Si posiziona un cavo collegato ad argano, generalmente manuale che ha un dinamometro. I dati raccolti vanno ad un software che li elabora in base a dei calcoli matematici riferiti ad una trazione che simula un vento di 90 km/h. La stabilità è data da una percentuale calcolata sui dati scientificamente disponibili non si sa quanto ampi. L’ultima evoluzione è quella di posizionare due sensori sulla pianta lasciarli per un certo periodo, si stanno sperimentando sensori che durano anche un anno. Grazie al vento verificano i movimenti della pianta e paragonati con una pianta sana, con anch’essa i sensori, possono permettere di stabilire se la pianta ha difetti tali da essere rimossa. Tutti questi strumenti che fanno pensare che si possono con facilità stabilire se una pianta è a rischio schianto o meno, sono in verità solamente un aiuto. Quali sono i pregi e i difetti degli strumenti a disposizione, cosa ci danno in più alla analisi? Il Succhiello/frattometro non si usa più, se non in casi veramente particolari. Il Resistografo è puntiforme, ti esamina quel punto e non è pensabile di fare decine di “buchi”, seppur di neanche 2 mm, ad una pianta. Viene accusato di essere invasivo e di rompere le barriere e di favorire lo sviluppo di carie. Ma mancano studi che lo dimostrano con certezza però si continua a propagandare la endoterapia che invece ha molti studi sui danni che provoca! Grazie 17 TOMOGRAFO RESISTOGRAPH PULLING TEST alla sua praticità può analizzare fino o anche più di 20 cm sotto la linea del coletto. I tomografi possono essere ingannati da inclusioni o da crack. Bisogna interpretare e “vedere“ i segnali della pianta. I software più evoluti segnalano la possibilità di crack. Alcuni programmi con i dati ricavati ed immessi simulano la trazione, dando risultati come se si fosse fatta. Alcuni accessori permettono di indagare e trovare le radici. Sia i tomografi che resistografi difficilmente individuano l’attacco da Armilaria spp. La trazione è senza dubbio il metodo che permette di analizzare “la forza” dell’apparato radicale, soprattutto se la pianta ha avuto gravi danni alle radici, si può stabilire se sono sostanziali o no, ha, a mio avviso, i suoi limiti nel “tirare “la pianta da punti, generalmente scelti tra quelli più comodi o possibili, ma i risultati possono differire in base al punto di attacco. Alcuni incidenti mortali sono avvenuti per lo schianto di parti di una pianta non per il suo schianto totale. Si sa ben che il vento non è uni direzionale, che la pianta “ruota” sotto l’effetto del vento (guardate una pianta quando c’è vento come si muove). Inoltre al momento non si sa se la trazione crea scompensi alla pianta. Per quanto ne so tre casi documentati di piante sottoposte a trazione nel 2017, pur date come stabili sono schiantate dopo breve tempo. Questa possibilità vale per ogni cattiva diagnosi fatta con qualunque strumento e fidandosi solo di questo. I sensori certamente possono essere il futuro, soprattutto quelli a lungo periodo, lasciati sulla pianta per un anno e più, a patto di scegliere bene la posizione dove collocarli pena dati non reali (carie, rami etc). E’ importante dunque posizionarli correttamente dopo una analisi della pianta che ne individui la posizione e le problematiche. Ad oggi mancano di una banca dati di raffronto, su cui costruire la stabilità della pianta con questo metodo, avendo un raffronto standard (ma esiste?). Questo vuol dire che gli strumenti sono inutili? No, è un mondo complesso, difficile, dove sbagliare è molto facile e dove è difficile avere tutto sotto controllo, le responsabilità sono alte, si lavora su probabilità più che su certezze. Gli strumenti sono un aiuto, ma se non si conoscono i loro limiti, se non si sa dove posizionarli, sono inutili o peggio dare false sicurezze o eccessive preoccupazioni. Nella valutazione, tutto parte da una buona osservazione della pianta, dell’ambiente, le conoscenze della specie della storia di quella pianta, sono alcuni dei cardini per una corretta diagnosi, gli strumenti sono un aiuto a capire a confermare dubbi e perplessità. Uno strumento non vede la pianta non sa che un faggio è diverso da un altro, che la sua posizione ne può determinare reazioni differenti, queste sono cose che solo un esperto valutatore sa considerare e mettere insieme. VTA e conoscenza della Biologia, con un aiuto da parte degli strumenti e spesso è consigliabile l’utilizzo di più di uno strumento secondo il caso e necessità. E’ l’esperienza, la preparazione, il “saper guardare” che fa la buona diagnosi.
Dr. Fabrizio Buttè