Incarichi professionali di un Agronomo n.4
Insegnavo da qualche tempo in una scuola professionale per giardinieri, la scuola aveva corsi anche per molte altre professioni ed usciva da un periodo buio con malversazioni e cattiva gestione. I primi anni trascorsero senza acuti, i corsi che funzionavano meglio erano quelli dove i docenti si impegnavano maggiormente, provenendo da attività esterne alla scuola. Il personale dipendente era abbastanza rassegnato e quasi tutto andava a rilento. Ad un certo momento, per caso, fu nominata direttrice una dirigente proveniente direttamente dalla direzione centrale della formazione di Milano.
Le parole che usava avrebbero fatto impallidire qualsiasi persona abituata al linguaggio dei cantieri, ma aveva anche delle doti: era intraprendente ed efficace. Le male lingue dicevano che il suo spostamento da Milano a Varese fu una punizione, non si sa per quale eventuale colpa.
Ad un certo momento, dal mio punto di vista inaspettatamente, girò voce che eventuali proposte di miglioramento sarebbero state valutate attentamente.
Da quell'istante qualcosa cambiò, la scuola professionale migliorò e diventò possibile formulare ipotesi di lavoro.
Esisteva a livello mondiale il campionato dei mestieri, per ragazzi dai 18 ai 22 anni di età. I campionati del mondo avevano luogo ogni due anni con sede ogni volta in una nazione diversa. La nuova direzione prese i contatti per la professione n° 37 "Giardiniere paesaggista", per l'Italia il referente era l'Associazione artigiani della provincia di Bolzano.
La squadra di giardinieri paesaggisti era formata da due persone, in quattro giorni dovevano costruire un giardino da progetto, il progetto veniva comunicato 30 giorni prima delle competizioni che l'anno successivo si sarebbero tenute a Seoul, in Corea del sud. La squadra era completata da un esperto, responsabile della preparazione e presente durante le competizioni. L'esperto, uno per ogni nazione, aveva il divieto di parlare con i propri allievi durante le competizioni. Gli esperti delle varie nazioni dovevano giudicare e valutare i lavori, con esclusione di quelli della propria squadra. Il sistema di votazione era complesso ed ogni squadra veniva valutata con circa 100 voti di ciascun esperto. La preparazione durò un anno, al termine del quale venne il momento della trasferta a Seoul.
Gli esperti si recarono qualche giorno prima degli allievi sul luogo delle competizioni. Avrebbero ritrovato i propri allievi, senza possibilità di parlare, alla cerimonia iniziale, che in quell'occasione fu maestosa e con rappresentazione della storia del popolo coreano. Nonostante il divieto approfittai della confusione della cerimonia iniziale per parlare brevemente con gli allievi, le mie informazioni erano più aggiornate delle loro, poiché gli esperti avevano qualche giorno di lavoro alle spalle, durante i quali avevano apportato modifiche al progetto. Il colloquio durò non più di tre minuti, nei quali diedi le ultime informazioni necessarie per la competizione. Il bagaglio di esperienze degli allievi era costituito dal percorso scolastico, dalla preparazione prima della competizione, dalla conoscenza dei progetti realizzati nelle competizioni precedenti, dalla loro esperienza lavorativa. La squadra italiana era composta da due giardinieri molto bravi, nella competizione diedero il meglio che avevano, ed anche qualcosa in più.
Il progetto del giardino da costruire aveva superficie di 7x7 metri, al centro un obelisco in pietra, lastricature e sentieri, un gioco d'acqua, diversi elementi da inserire a quote differenti, tappeto erboso in zolla e piante di diverse dimensioni. Le difficoltà consistevano nella definizione delle quote con livello laser, posizionamento dei diversi elementi nell'esatta posizione da progetto, rispetto di tutte le quote, riporto di dimensioni e misure dal progetto al cantiere, mascheramento degli elementi costruttivi, comprensione del progetto e visualizzazione del risultato finale, utilizzo dei diversi elementi (pietra, pavimentazioni, piante, tappeto erboso, acqua). La competizione iniziò, con le varie squadre di giardinieri, in rappresentanza della propria nazione, decise a dare il meglio di sè in funzione della preparazione ricevuta. Da subito si poteva capire quali squadre non potessero ambire ai primi tre posti, ad alcune squadre mancava organizzazione, coordinamento fra i due componenti della squadra, non corretto utilizzo degli strumenti, scarsa comprensione del progetto. La squadra italiana iniziò molto bene, perfette le quote iniziali, distanze e misure. Il primo lavoro che affrontarono tutte le squadre fu la costruzione dell'obelisco, costituito da quattro corse di blocchi di granito e tre corse che dovevano essere sagomate a mano, a formare una rastrematura verso l'alto del manufatto. Le pietre erano particolarmente dure ed il lavori di sagomatura con martello e scalpello durarono più di un giorno (dei quattro a disposizione).
Il giardiniere della squadra italiana incaricato di sagomare le pietre iniziò con la posa delle prime file dell'obelisco, successivamente decise di dedicarsi ad altri lavori (posa dei sentieri) per ritornare a scalpellare le pietre successivamente. Se all'inizio dell'opera la sagomatura delle pietre poteva essere realizzata al centro del cantiere, con altre opere già eseguite questo non era più possibile. Di fatto le operazioni terminali di sagomatura delle pietre comportarono, a causa della posizione del giardiniere durante l'operazione, valutazioni negative per la sicurezza, poiché qualche scheggia di pietra finì nel corridoio centrale dove passavano gli esperti per valutare i lavori. Ciò determinò, senza che nessuno della squadra italiana se ne accorgesse al momento, l'esclusione dalle medaglie, nonostante molte valutazioni superiori alle altre squadre in molte operazioni eseguite.
La squadra italiana conquistò valutazioni molto alte nelle quote e nelle misure, nel mascheramento di strutture necessarie alla costruzione del giardino, nella disposizione delle piante e del tappeto erboso, nella qualità finale dell'opera. Ma non fu sufficiente a conquistare una medaglia, il quarto posto fu ciò che ottenne.
I due giardinieri italiani conobbero il risultato durante la cerimonia di chiusura, quando sul palco venivano chiamati i primi tre posti per ciascuna professione. Erano qualche fila sotto la mia e quando vidi le loro facce era come se fossero stati investiti da un camion. Rimase l'esperienza, l'impegno ed il valore, ma la delusione per una medaglia a portata di mano durò a lungo.
Dr. Luciano Riva