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Danni volontari da diserbo su piante ed arbusti

In questi anni mi è capito di essere chiamato più volte per verificare la morte di alcune piante di grosse dimensioni avvenuta in modo rapido ed improvviso. Il primo caso è stato del 2003 dove in un parco si ebbe la moria, per disseccamento, di 6 conifere di dimensioni apprezzabili, dalla più grande un Cedrus deodara di 106 cm di diametro e altre tra cui Chamecyparius lawsoniana e Pseudotsuga menziesi tra i 65 e 78 cm di diametro. Pur constatando il disseccamento, quello che lasciava perplessi era la concomitanza e l'assenza di malattie evidenziabili visivamente (es. Armillaria spp) o carie di qualche genere anche usando analisi strumentali.

Un'attenta ricerca delle motivazioni di questa anomala situazione, bene o male era circa 10 anni che mi occupavo di fitostatica e da più di malattie delle piante, mi portò a cercare una causa. In effetti alla base del cedro, rimuovendo la terra, c'erano 4 fori profondi circa 8 cm con diametro di circa 0,5 cm con andamento verso il basso, disposti nella zona opposta all’edificio principale. Con la denuncia contro ignoti all'allora CFS, che si prestò alle analisi chimiche del campione, recuperato con un attento taglio, si evidenziò la presenza di glifosate all'interno della pianta. Situazione che si riscontrò anche nelle altre piante.


Negli anni altre situazioni si sono presentate anche se mai così ampie con distribuzione del diserbante per aspersione o iniezione al tronco. Su orto del vicino, sulla siepe di lauro o su piante ad alto fusto come Canfore, Betulle, Magnolie e Liquidambar (questi i casi). La distribuzione per aspersione generalmente ha sintomatologia evidente come distorsione della foglia, apici bruciati, brachizzazione, ingiallimenti, defogliazione, ma generalmente non la morte delle piante. Quella con introduzione al tronco generalmente ha esito negativo.

Certamente la sfida maggiore è stata nel gestire l'avvelenamento, nel 2014, di una pianta simbolo di un paese del lago, una canfora centenaria, dove, chiamato al primo sintomo di deperimento ad una valutazione attenta ha permesso di individuare su due cormi su tre, alcuni buchi al colletto, con fuoriuscita di liquido nerastro e colloso, che alla analisi si dimostrava glifosate. La situazione si presentava con disseccamenti e distorsioni delle foglie.

Una volta compresa il motivo del deperimento si è intervenuti dapprima con palo iniettore con prodotti corroboranti al suolo per due volte in primavera ed in autunno. L'area ampia permetteva di gestirlo in modo abbastanza facile. Si è osservato l'andamento, purtroppo nella stagione a seguire si sono avuti dei disseccamenti di intere branche della pianta. Fondamentale il clima, che ha alternato periodi di siccità a grandi piogge, quest'ultime senza dubbio favorevoli allo "smaltimento" del prodotto all'interno della pianta.

La canfora è stata monitorata nel periodo primavera autunno, mensilmente, al fine di comprendere la situazione ed il decorso dell'avvelenamento e programmare gli interventi. Il 2015 è trascorso con valutazioni al fine di capire come intervenire seguendo le reazioni della pianta. In quell'anno i disseccamenti aumentarono fino a giungere al 2016 dove erano tali che l'area, già interdetta, è stata aumentata per timore di schianti.

Al fine di prevenire tale situazione ed avere dei danni maggiori di quanto già presenti si scelse di capitozzare i rami e le branche secche. Sono state fatte delle valutazioni strumentali al fine di comprendere se il legno dalla base e ai primi metri aveva degenerazioni a suo carico e comprendere se la pianta avesse delle tare tali da sconsigliare interventi conservativi. Avuto esito positivo bisognava fare la scelta fino a dove tagliare, ovvero dove la pianta era ancora vitale, questa indicazione è stata affidata al liquido di lugol.

Grazie alla pazienza dei climber, ad ogni taglio un campione veniva saggiato con questo liquido che evidenzia zuccheri ed amidi. Una volta arrivati ad una altezza dove la reazione era positiva si interrompeva il taglio. Intervenuti nel mese di marzo, l'aspetto della maestosa pianta era veramente dimesso.

A questo punto si è continuano a monitorare la pianta, in quanto tolto il pericolo di schianti con sbrancamenti era necessario comprendere come avrebbe reagito, se l'altezza dei tagli era stato valutato in modo corretto o se si doveva programmare un altro intervento o peggio se la pianta deperisse totalmente. Si scelse di lasciare accrescere tutti i polloni che la pianta emetteva e di limitare al massimo la potatura sulla cormo non avvelenato e "sano".

La stagione primaverile/ estiva del 2016 ha visto da parte delle gemme dormienti una ripresa vegetativa di buon livello, diffusa e prossima ai tagli, segno che "il sistema" per la scelta dei tagli aveva funzionato. L'altezza della parte di cambio che non ha reagito era contenuta in qualche decina di centimetri.

Purtroppo le foglie davano chiara indicazione di come il diserbante fosse ancora in circolo. Si è continuato a monitorare mensilmente la pianta per vedere come si comportava, non eseguendo alcuna azione se non una blanda concimazione organica e stabilire che se durante l'estate si fosse protratta la siccità si sarebbe provveduto a irrigare il piazzale dove la pianta era a dimora.

Per tutto il 2016 le foglie presentavano sempre sintomi del diserbo. Si è dovuto aspettare il 2017 per avere un grande risveglio della vegetazione e la riduzione della deformazione delle foglie. Le gemme avventizie svegliate erano in un numero "esagerato" ma distribuite non equamente. Alla fine del 2017 la pianta si è ritenuta "fuori pericolo". Sono stati rimossi i polloni basali e nel corso del 2018 si è accresciuta riprendendo un aspetto accettabile anche se lontana dalla forma originaria. Nonostante gli anni trascorsi alcune foglie germogliano ancora deformate. Ora gli interventi da programmare per il prossimo futuro riguardano oltre ad un monitoraggio a maglie molto più ampie prevede di predisporre una potatura selettiva dei rami soprannumerari per favorire un accrescimento armonioso e non affastellato. L'aver vissuto queste esperienze, purtroppo non concluse, un caso anche a fine 2018, ha permesso di fare le seguenti considerazioni: gestire una pianta diserbata volontariamente, è complesso, innanzi tutto la possibilità di intervenire ai primi sintomi permette di avere più possibilità e scelte operative; le conifere sono più sensibili delle latifoglie ma anche queste (ad esempio canfore o betulle per esperienza) entro una anno (una stagione) dall'avvelenamento, se il diserbante è inserito nel cambio, dissecca.

La specie è determinante per il suo recupero, la sua capacità resiliente è un fattore indispensabile così come il tipo di principio attivo che si utilizza. Questa azione è spesso senza speranza per la pianta. Differente se il diserbante è distribuito sulla chioma o sul tronco, la pianta può avere più possibilità di sopravvivere, ma può mostrare i sintomi anche per più stagioni. L'utilizzo di corroboranti nel periodo di primo decadimento importantissima la diagnosi precoce, al fine di dare alla pianta quanto con difficoltà riesce a produrre ritengo sia unico aiuto possibile così come la siccità / la carenza di acqua acuisca il problema.


Dr. Fabrizio Buttè


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