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La Palude Brabbia: analisi delle acque superficiale e aspetti di autodepurazione.

Il sistema lacustre formatosi nel periodo immediatamente successivo al ritiro dell’imponente ghiacciaio del Verbano fu caratterizzato dall’esistenza di un ampio bacino, il “Grande Varese”, che univa gli attuali Lago di Varese, Lago di Comabbio e Palude Brabbia. (come esposto nel numero 117 del 2019 della “Rivista Orticola”).

Successivamente, in seguito allo svuotamento del grande lago, il livello delle acque si abbassò provocando l’emersione della palude.

La configurazione attuale della palude, con vaste aree a canneto e numerosi specchi d’acqua è frutto del clima, del tipo di terreno e dell’evoluzione della vegetazione.

Dal punto di vista vegetazionale la Palude mostra la completa successione ecologica tra l’ambiente acquatico e quello boschivo, passando dall’acqua libera degli stagni e chiari sino a giungere alle formazioni boschive, mentre dal punto di vista faunistico rappresenta un importante luogo di sosta lungo il viaggio migratorio per decine di specie di uccelli, nonché sito di nidificazione per molte specie legate all’acqua. Nel 1987 Guilizzoni & Galanti studiarono la qualità ambientale dell’ecosistema, a tale scopo hanno prelevato campioni d’acqua e di macrofite acquatiche e li hanno analizzati attraverso spettroscopia ad assorbimento atomico per valutare la concentrazione di metalli pesanti.

I risultati riportano un’elevatissima quantità di manganese, fino a 5780 ppm per la Lemna spp. (lenticchia d’acqua), di zinco e cromo per le piante, mentre le acque presentano concentrazioni di metalli pesanti bassissime, questo a dimostrazione che la vegetazione funge da assorbitore dei metalli.

Di recente nel 2019 sono state effettuate nuove analisi delle acque presso l’Università degli studi di Milano, utilizzando la spettroscopia ad emissione atomica.

Ciò che risulta è che le quantità di metalli pesanti nelle acque della palude è bassissima e che in questi ultimi 40 anni, nonostante l’intensa attività antropica e industriale, la qualità delle acque non è variata.

Questo grazie anche all’eccezionale lavoro delle piante della palude che svolgono una vera e propria opera di depurazione, infatti le acque entranti nella palude derivanti dal lago di Comabbio, con scarse qualità, attraversano la palude ed entrano nel lago di Varese (ARPA, 2012), con qualità sufficienti.

Questo fatto dimostra come le piante riescano a assorbire una buona quantità dei metalli pesanti derivanti dal bacino del Lago di Comabbio.

La Palude rappresenta quindi un sistema molto complesso che riesce a trasformare le sostanze inquinanti utilizzando processi fisici, chimici e biologici.

Gli steli delle piante e l’interfaccia sedimento-acqua sono ricoperti da un biofilm, costituito da organismi di vario tipo (batteri, alghe, funghi) capace di intercettare efficacemente le particelle che lo attraversano.

I metalli entrano nelle aree umide in forma disciolta o come composti insolubili associati ai solidi sospesi. Quelli in forma disciolta vengono sequestrati dalla fase acquosa per essere associati a quella solida da processi di scambio cationico e chelazione con il sedimento o con i solidi sospesi e possono precipitare come sali insolubili di sulfuri, carbonati, idrossidi. In questo stato possono essere assimilati da piante, alghe e batteri che agiscono da filtri e bioaccumulatori. I composti insolubili possono col tempo essere seppelliti con il sedimento. Processi di risospensione, di movimentazione e di ossigenazione delle parti superficiali dei sedimenti del fondo, possono invertire questo percorso provocando la solubilizzazione dei metalli che, non più legati alla frazione solida, ritornano disponibili in fase acquosa e possono essere assimilati dalla componente biologica.

Il mantenimento della componente biologica della palude e la preservazione dell’ambito (riserva regionale dal 1984) permette di mantenere il sostanziale equilibrio dei metalli pesanti presenti nelle acque superficiali, tra quelli in entrata e quelli in uscita, e l’eventuale input derivante dalla movimentazione dei fondali. Ad oggi, non esistono le conoscenze sufficienti per esprimere la stima della rimozione dei metalli della Palude, tuttavia, ciò che si evince da questi studi è che la salvaguardia e l’ottimizzazione di questi ecosistemi è fondamentale in quanto la rimozione degli inquinanti dalle acque superficiali è possibile solo sfruttando processi naturali di rimozione, restituendo ed ottimizzando la capacità di autodepurazione dei corpi idrici.


Dr. Paolo Pozzi


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