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Autoctone VS Alloctone in ambiente urbano, possiamo permettercelo?

Ormai da alcuni anni in ambiente urbano si è sempre più indirizzati all’utilizzo di generi e specie autoctone, ma questa idea si sta incrinando rischiando di essere fallimentare in considerazione soprattutto dei cambiamenti climatici ma ancor di più delle particolarità ostili dell’ambiente urbano.

Le specie autoctone si sviluppano in ambiente naturale a quote ed ambienti differenti per areali più che per regioni (qual è il limite geografico?), ma soprattutto spesso non sono piante che si sono sviluppate in ambiente urbano. Inoltre molte piante sono ormai endemiche in certi areali, pur non essendo autoctone.

L’ambiente urbano è ambiente complesso e per le piante è difficile viverci e svilupparsi. Isole di calore, scarsa infiltrazione di acque nel suolo, venti anomali influenzati dagli edifici, suoli poveri, scarsi spazi poco adatti allo sviluppo delle piante, manutenzioni che spesso non le rispettano per soddisfare le necessità cittadine, sono elementi ostili alla loro permanenza in città. Che significato ha in ambiente urbano considerare le piante della pianura padana, per fare un esempio, e introdurle in ambiente urbano come se potessero trovare il loro ambiente naturale? Eppure in molti regolamenti del verde questa è l’indicazione. Ma l’utilizzo urbano di piante che si sono sviluppate in ambienti naturali che significato scientifico ha?

Il verde ha ruoli molteplici; paesaggistico, terapeutiche, antinquinamento raccogliendo le polveri sottili e stoccando CO2. Ma per ottenere questo la pianta deve adattarsi al luogo (averne le capacità) ed essere gestita al meglio. Ecco che la scelta della specie è molto importante.

I nuovi spazi verdi, che affrontano sempre più ambienti differenti (verde verticale, tetti verdi, pensili) devono affidarsi a piante che a questi si adattano e siano funzionali alla loro gestione.

La ricerca di adattabilità agli ambienti urbani delle piante deve per forza rivolgersi al patrimonio botanico mondiale per potere avere un verde stabile ed utile in città.

È sotto gli occhi di tutti come il cambiamento climatico sta privilegiando specie alloctone da tempo come robinia, ailanto, pawlonia etc. L’estate appena passata siccitosa e calda a messo alle strette piante come querce, carpini e conifere. Ha favorito fioriture incredibili di piante come la lagerstroemia, di origine asiatica, utilizzata molto in ambiente urbano e non solo. Ma anche piante esotiche come Ginkgo o Zelkova che hanno mostrato caratteristiche tali da renderle adatte all’ambiente urbano per resistenza genetica e gestione degli inquinanti.

Un recente studio svizzero, dedicato alla gestione dei boschi da legno, ha evidenziato che per i cambiamenti climatici nelle zone montane vedremo innalzarsi la quota di faggi ed abeti ,che “risaliranno” la montagna di 400/600 m rispetto alle zone dove sono a dimora oggi. (https://www.wsl.ch/fileadmin/user_upload/WSL/News-WSL/2020/06_Landesforstinventar/LFI-04_Faktenblatt-IT_V1.pdf) è possibile che questa situazione si presenti anche per altre specie a quote più basse.

La scelta del verde urbano non può avere limiti non tecnici e scientifici.

Se si vuole veramente avere verde in città in aiuto alla vita degli esseri umani, le nostre scelte devo essere scevre da pregiudizi e permettere di utilizzare qualsiasi pianta.

La capacità adattativa all’ambiente urbano, di alcune specie è sotto gli occhi di tutti quando tra incolti e aree abbandonate le specie alloctone si riproducono e si sviluppano indisturbate, certamente indesiderate ma su cui riflettere.

La robinia ne è stato un esempio negli ultimi decenni, i suoi ibridi si sono rilevati una pianta utile all’area urbana.

La ricerca, il vivaismo ornamentale hanno portato alla creazione di varietà utili e compatibili con ambienti urbani magari da piante definite alloctone.

Studiare le piante svela sempre più le loro caratteristiche in modo da ottimizzarne l’utilizzo in ambiente urbano.

È la capacità di gestire che ci deve guidare non le limitazioni pregiudiziali.

Un passo avanti che già in parte si sta affrontando sia dal Mipaaf che da Crea (https://www.crea.gov.it/-/-verde-città-un-libro-racconta-il-progetto-per-la-creazione-di-aree-verdi-temporanee-in-cinque-città-italiane) con ricerche e divulgazione su caratteristiche e specificità delle piante al fine di potere fare la scelta giusta in un ambiente cosi particolare come quello urbano.

Esperienze di città pioniere come sempre stanno dando molte indicazioni sull’uso delle piante utili senza preclusioni. Interessante ed utile il progetto Qualiviva che mette a disposizione 103 schede di piante, non solo autoctone, valutate da molti punti di vista per l’ambiente urbano, al fine di dare uno strumento di lavoro utile. Interessante l ‘articolo “Climate change increases global risk to urban forests” dove si affronta la riforestazione urbana nella sua complessità e che sottolinea che il 65% delle specie attualmente presenti nelle città rischia di soccombere ai cambiamenti climatici, se si conta che generalmente le piante in ambiente urbano subiscono ben altri trattamenti, oltre alle ingiurie del clima, quello che ci aspetta è un quadro preoccupante, a cui si deve fin da ora cercare di porre rimedio.

Avendo coscienza che la produzione vivaistica non può affrontare i numeri indicati da PNRR, che le piante nella parte centrale delle città sono quelle utili, più che nelle sue periferie che influenzano l’ambiente cittadino in modo relativo.

Questo vuol dire che le nostre città di impianto medievale, rinascimentale, industriale devono trovare spazi per le piante ed una buona gestione, ma a loro non può essere dato l’impegno di risolvere le problematiche di un ambiente urbano.

Certamente come ogni passaggio di mentalità ci vorrà un po’ di tempo per farlo proprio, nei regolamenti del verde e nelle pratiche di buona gestione del verde urbano, magari cominciando proprio dalle definizioni di urban forestry, forestiamo la città, suggestivo, ma non corrispondente alle reali possibilità, una foresta è altra cosa, utile ma parlare di Green city che comprende anche altre azioni virtuose atte a risolvere i problemi urbani.

La sfida è portare il verde dove il verde non c’è ma dandogli la possibilità di vivere a lungo.

Non è alloctone vs autoctone l’argomento che si deve affrontare, sarebbe sminuire il problema.

Limitarci nell’uso di certe piante in ambiente urbano che significato può avere nella sua utilità?

Se nel cibo non utilizzassimo specie alloctone, fuori regione o importate come sarebbe la nostra vita?













Dr. Fabrizio Buttè



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