Gli Alberi Monumentali Vademecum operativo
Come approcciarsi ad uno degli attuali oltre 4000 alberi Monumentali presenti in Italia? Alberi tutelati che per la normativa vigente non possono essere oggetto di alcun intervento anche minimo se non autorizzato. In pratica la pianta Monumentale è sotto la responsabilità del proprietario, pubblico o privato ma non può essere oggetto di qualsiasi intervento se non autorizzato dagli Enti preposti.
Ma rispettata la normativa come ci si deve approcciare ad un albero monumentale nella sua valutazione e manutenzione? Il Decreto dipartimentale prot. n. 5450 del 19/12/2017, pubblicato in G.U. n. 35 del 12/02/2018, ha approvato ed istituito l’elenco degli alberi monumentali d'Italia, redatto ai sensi dell'articolo 7 della legge 14 gennaio 2013, n.10, ovvero Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani (G.U. n. 27 del 1° febbraio 2013) è stata la prima legge sul verde. Gli obiettivi sono quelli di cercare di equilibrare lo sviluppo con gli spazi verdi nel territorio urbano e non.
Un primo aspetto, per lo più simbolico, è quello di istituire nella giornata del 21 novembre di ogni anno, la ”Giornata internazionale dell’albero, la messa a dimora di alberi in relazione ai nuovi nati (qui il problema sono gli spazi utili), e istituisce l’obbligo per i comuni di pubblicazione del Bilancio Arboreo di fine mandato (che di norma dovrebbe essere sempre positivo).
Viene dato il via ad un percorso per arrivare al censimento nazionale degli alberi cosiddetti monumentali. Nel corso degli anni i vari decreti hanno aggiornato l’elenco degli alberi monumentali in Italia con aggiunte o rimozioni per perdite naturali, rimozioni o perdita requisiti a causa dell’elevato deperimento.
Di seguito il link di riferimento. L’ultimo aggiornamento è del Luglio 2022 attualmente sono iscritti n. 4.006. (https://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/11260). Per comprendere l’approccio ad eventuali azioni su alberi monumentali da parte di tecnici o arboricoltori ,indipendentemente da chi commissionati, si deve fare riferimento alla circolare n° 461 del 05 03 2020. Questa da precise indicazioni sugli interventi possibili e le relative autorizzazioni per procedere. In sintesi si suddividono gli interventi in quelli non incisivi di lieve entità e incisivi. La prima comprende: Valutazione fitostatica, Manutenzione ed ancoraggio sistemi ancoraggio esistenti, ripulitura sottobosco, prelievo materiale di riproduzione, rimonda del secco e rifilatura monconi rami spezzati, cura delle ferite, trattamenti fitosanitari, miglioramento condizioni del suolo concimazioni.
Quelli incisi riguardano azioni più importanti riportati dalla circolare. In ogni caso ogni azione deve essere comunicata, al ministero, alla regione (settore dedicato) al comando CUFA, al comune se di proprietà privata che decidono se autorizzare l’intervento. In pratica nessuna azione può essere fatta senza autorizzazione, si può dire che la pianta monumentale “non è più del proprietario“. Le sanzioni sono di conseguenza. Sul sito del Ministero si può trovare il manuale “LINEE GUIDA PER GLI INTERVENTI DI CURA E SALVAGUARDIA DEGLI ALBERI MONUMENTALI”
Operare sulle piante monumentali premette un approccio differente.
Per le loro caratteristiche di storicità, dimensioni, rarità nella loro valutazione fitostatica e di manutenzione permettono/obbligano a scelte, per il mantenimento, che superano il “limite consueto” (sempre all’interno di un rischio accettabile)
Nelle piante monumentali, che sono presenti in aree urbane ovviamente le criticità da affrontare sono molteplici.
Generalmente le problematiche della pianta come età, carie, cavità, schianti, fessurazioni, manutenzione passata non adeguata, solo per fare un brevissimo elenco, sono sempre a livelli elevati.
Per questo motivo l’approcciarsi a piante monumentali richiede una buona esperienza su piante vetuste, conoscerne il comportamento ed avere una apertura mentale ampia e a volte la necessità di coinvolgere altre professionalità per mettere in atto quanto si pensa possa essere utile alla sua salvaguardia.
In questi anni mi è capitato di intervenire su alcune piante monumentali ognuna con problematiche diverse che hanno portato alla necessità di applicare strategie valutative e manutentive differenti. Di queste ne ho scelte tre al fine di portare alcune esperienze operative.
Calocedrus decurrens. Pianta monumentale datata circa 200 anni, presente nella piazza di un paese. Accrescimento a candelabro, DBH= 194 cm, altezza 25 m. Analisi tomografica alla base e resistografica in quota. Valutazione VTA e strumentale sufficiente.
Manutenzione rimonda del secco e tensionatura dei circa 8 cormi (grandi come una pianta di 50 anni). La problematica da affrontare è stata che circa 70 anni prima, erano stati posizionati dei tensionatori in cavo di acciaio, qualcuno si era spezzato altri in forte tensione, ma tutti inglobati nella corteccia, portando ad avere un punto di debolezza di possibile rottura della parte distale delle punte.
Dopo le varie verifiche statiche si è scelto di recidere i cavi presenti attorno ai cormi, ormai inglobati per fare si nell’accrescimento non diventassero elemento di ulteriore costrizione, senza rimuoverli (anche perché impossibile) e ricollocare nuovi tensionatori (moderni) non alla altezza generalmente consigliata (i 2/3 dell’altezza della pianta) poiché se cosi messi avrebbero agito sulle strozzature mettendo in crisi un punto di potenziale debolezza.
Quercus coccinea splendens. Pianta relativamente giovane, 100 anni, che accresciutasi velocemente nell’area di accesso e parcheggio di un parco, presenta una ramificazione principale molto aperta con una chioma molto pesante e cormi veramente grandi (diametri compresi tra 46 e 118 cm). DBH=220 cm , altezza 20 metri, diametro chioma 25 metri. Nel tempo di un mese a livello del tronco in prossimità dell’inserimento dei cormi la pianta si è fessurata.
Una fessurazione passante che in pratica divide la pianta in due sezioni a livello del tronco.
In questo caso la pianta è stata puntellata, senza vincoli solidi, con tre travi tra i 6 e 9 metri di altezza in acciaio sulle ramificazioni principali, per evitare che la fessurazione si aprisse maggiormente. È stato interessato un ingegnere strutturale che ha elaborato i dati biometrici rilevati con la formula di Heley, al fine di dimensionare travi e posizionarle al momento 0, con un cuneo in legno di pioppo come intercapedine tra trave e branca. Non è stata fatta nessun intervento sulla chioma (potatura).
Attualmente si controlla la fessura in punti fissi. In questo caso analisi strumentali sono state considerate superflue (ma non nel futuro) ma si è operato direttamente ed urgentemente sul problema. Nel mese trascorso tra scoperta del problema e intervento la fessurazione è aumentata di 1 cm!!
Ulmus minor. Pianta presente in una piazza e sopra una strada, è stata accreditata di 500 anni!! Completamente cava, DBH=179, altezza 16 metri, decenni prima era già stata fatta oggetto del posizionamento di una struttura di sostegno con tre travi unite tra loro, a sostegno delle tre ramificazioni principali e tensionatori.
La pianta presenta un tronco e i cormi principali cavi (entra una persona in piedi grazie ad una apertura di oltre un metro di larghezza e 90 cm di altezza!!).
La valutazione strumentale alla base ed alla chioma ha evidenziato che lo spessore del legno è minimo e che la pianta, che comunque evidenzia una buona vigoria vegetativa, è, al momento, stabile grazie alla struttura che la sostiene.
Non produce più legno di reazione. In questo caso si è potuto solo constatare lo stato di fatto.
È stata prevista la sostituzione/integrazione dei tensionatori ed una leggera potatura solo per il secco e i rami mal inseriti, al fine che non cadano sulla strada.
Altri interventi di contenimento porterebbero la pianta ad uno stress anche fatale poiché la reattività di una pianta di 500 anni è minima.
Come si comprende si sta parlando di piante speciali, con problematiche particolari, non sempre risolvibili con metodiche o approcci standard, non sempre si può applicare “il pacchetto” completo, ovvero valutazione VTA e strumentale, a volte non c’è tempo, bisogna agire urgentemente per evitare situazioni peggiori.
Non sempre la soluzione è definitiva, spesso è provvisoria in attesa del “responso “della pianta, non sempre c’è una soluzione, è un mondo a parte affascinate ma problematico.
Piante di questa categoria dovrebbero essere visionate/valutate annualmente, al massimo ogni due anni, anche solo visivamente, al fine di censire e verificare ogni cambiamento per potere essere “rapidi” per un eventuale intervento o quantomeno raccogliere in uno “schedario” l’evoluzione delle problematiche.
Dr. Fabrizio Buttè
Comments