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I giardini panteschi

Pantelleria, un'isola battuta dai venti, situata sotto la Sicilia e di fronte alla Tunisia, è un "edificio vulcanico", come amano definirla i geologi. Uno sperone con la base a duemila metri sotto il livello del mare, dal quale si eleva fino a ottocentocinquantasei metri con la Montagna Grande e con il Monte Gibele leggermente più basso (foto 1). Su queste due cime sono presenti boschi di Pinus pinaster, Pinus halepensis e Quercus ilex.

La flora alle quote più basse è costituita dalla macchia mediterranea ed in prossimità del mare prevalgono, tra i terreni pietrosi, le aree a macchia bassa o garica. Alla macchia si alternano molti terreni coltivati, frutto della millenaria fatica degli abitanti, i quali, nel tempo hanno proceduto mediante "disgaggio" allo spietramento di queste superfici. Questo lavoro ha determinato accumulo di sassi sui bordi, creando una variegata trama di perimetrazione dei campi, coltivati a "vite ad alberello" tipica dell'isola di Pantelleria. (1). Con queste pietre gli abitanti costruirono anche le loro abitazioni, i dammusi (foto 2), realizzati con murature in pietra a vista e coperture ondulate dalla superficie liscia. Al centro una cupola ed ai bordi degli "avvallamenti", modellati in modo tale da agevolare la raccolta della scarsa acqua piovana in vasche interrate ed a tenuta stagna, intonacate con calce ed inerti derivanti dalla fantumazione delle pietre vulcaniche.




Gli abitanti di Pantelleria si sono adattati al clima caldo, ventoso e povero d'acqua sviluppando un'agricoltura di "sussistenza", modellando territorio ed ambiente in modo da potervi vivere.

L'elemento che maggiormente caratterizza questo tipo di agricoltura è il giardino pantesco, costituito da un grosso muro perimetrale a forma cilindrica, alto fino a quattro metri, che racchiude una singola pianta di agrume. (immagine 3). Il muro, in pietra vulcanica, del diametro di sette/nove metri protegge la pianta dai forti venti, dalla salsedine, trattiene la rugiada mantenendo nello spazio interno del giardino l'umidità, in modo da creare un habitat per lo sviluppo dell'albero.

Il paesaggio rurale dell'isola di Pantelleria è costellato da questi cilindri fra i vigneti (foto 4). Incuriosisce la loro ubicazione, spesso sono sparsi e isolati nei campi, apparentemente in modo casuale o, forse, per l'azione di un rabdomante, che seguendo le vibrazioni delle bacchette biforcute abbia ricercato l'acqua nel profondo del terreno vulcanico.

Questi giardini, che ricordano vagamente i volumi delle costruzioni nuragiche, meravigliano per la loro corposità (foto 5), tanto da chiedersi se valesse la pena, per gli isolani di allora, costruire importanti strutture murarie semplicemente per piantarvi un solo albero di agrumi (foto 6).



Evidentemente oggi non ci rendiamo conto del valore nutritivo e curativo che questi frutti assumevano in tempi in cui la medicina era fondata su prodotti naturali. Anche i naviganti che si imbarcavano per lunghi viaggi in mare li portavano con sè per prevenire lo scorbuto. Inoltre, fino agli anni quaranta, arance e mandarini erano i frutti pregiati che si consumavano prevalentemente durante le feste natalizie e venivano usati anche per l'addobbo degli alberi di Natale.

Un'altra particolarità riguarda il nome: un grosso muro contenente una sola pianta viene chiamato giardino.

Rispetto a questa considerazione, per noi abituati a pensare ai giardini con floreale tripudio colorato di azalee e rododendri di Villa Carlotta, piuttosto che ai campi di tulipani olandesi, alla verde armonia degli estesi parchi londinesi ed ancora alle eleganti geometrie dei Giardini di Boboli, è bene provare a fare un escursus sulla loro storia. In origine i giardini possedevano le caratteristiche dell' "Hortus Conclusus" dove l'elemento essenziale era il muro, il recinto che li proteggeva dal mondo esterno. Anche nel Cantico dei Cantici si parla di "giardino chiuso". Ricordiamo i broli medioevali, orti cittadini recintati con murature in pietrame, oppure il verde racchiuso all'interno dei chiostri monastici. (2).

Non è intenzione definire quale sia il vero o il migliore tipo di giardino, anche perchè come si è visto, la loro tipologia nel tempo ha subito modifiche. Certamente quello pantesco possiede i due caratteri essenziali dei giardini: all'interno di questi spazi la parte vegetale non nasce e si sviluppa in modo spontaneo bensì come frutto di un continuo intervento umano che va dalla piantumazione, alla cura degli alberi con potature, raccolta di frutti e quant'altro comporta la loro esistenza. In secondo luogo il fatto che l'azione umana per la realizzazione del giardino si concretizza nella ricerca di un habitat protetto, affinchè le piante non subiscano l'assalto degli animali o degli agenti atmosferici, mediante la costruzione di manufatti quali steccati di recinzione o, nella fattispecie, di un alto muro protettivo.

La peculiarità che rende esemplare ed attuale il giardino pantesco è la modalità sostenibile della sua realizzazione, una sorta di "Green economy" ante litteram, perchè si tratta di manufatti eseguiti mediante uso di materiali di recupero reperiti in situ. Ad esempio i sassi derivanti dallo spietramento, e soprattutto i muri a secco, murature eseguite senza uso di leganti.

Siamo pertanto di fronte ad un'opera di grande ingegno e faticoso lavoro, finalizzata a proteggere una preziosa pianta sempreverde dal delicato profumo di zagare e dal dolce e pungente sapore di agrumi.



(1) la"Pratica agricola della coltivazione della vite ad alberello tipica dell'isola di Pantelleria " è stata riconosciuta dall' UNESCO quale patrimonio immateriale dell'umanità

(2) F. Nuvolari, HORTUS CONCLUSUS, Nuove edizioni Gabriele Mazzottta Milano 1986

- La descrizione della parte botanica e del paesaggio pantesco è stata attinta dal sito del Parco Nazionale dell'isola di Pantelleria.

- Le descrizioni relative ai giardini panteschi sono attinte dallo studio redatto Legambiente / Unipol, con il patrocinio dell'Ente Parco Nazionale di Pantelleria.



Arch. Amilcare Mione



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