I laghi: un’entità geografica e un ecosistema (seconda parte)
Il popolamento ittico costituisce il vertice della catena alimentare lacustre ed è costituito, nei laghi del distretto alpino cui facciamo in questo caso particolare riferimento, da alcune decine di specie principalmente raggruppabili nelle seguenti quattro principali famiglie:
• SALMONIDI, che comprendono trote (Salmo spp.), salmerini (Salvelinus spp.) e coregoni (Coregonus spp);
• CIPRINIDI, cui appartengono ad esempio l’alborella, la scardola, il cavedano, la carpa, la tinca, ecc.;
• PERCIDI, con pesce persico e lucioperca;
• CENTRARCHIDI, con persico trota e persico sole.
Le diverse esigenze ambientali che caratterizzano le singole specie ittiche determinano, in ultima analisi, la presenza o meno di alcune di esse in laghi diversi o in diverse aree di uno stesso grande lago.
Un lago di pianura, poco profondo, con temperature estive superiori a 20°C e con deficit di ossigeno sul fondo non potrà certo ospitare trote, coregoni e salmerini (noti per preferire acque fredde e bene ossigenate), ma piuttosto Ciprinidi come scardola, tinca o carpa e qualche predatore piscivoro come luccio e persico trota. In un grande lago profondo del distretto alpino esiste di fatto una molteplicità di situazioni ambientali tale da permettere la coesistenza di specie ittiche con esigenze anche molto diverse. Abbiamo già accennato alle differenze che esistono tra i popolamenti fitoplanctonici e zooplanctonici tra zona litorale e zona pelagica in un grande lago profondo. Ebbene, anche per il popolamento ittico queste due zone rappresentano una ragione di diversificazione nella composizione specifica. Le acque pelagiche sono abitate da specie che, in genere, mal sopportano le alte temperature superficiali estive (trote, coregoni); qui, infatti, hanno la possibilità di rifugiarsi in profondità o, quanto meno, di scegliere lo strato d'acqua con temperature ad essi più favorevoli.
Le abitudini alimentari delle specie che scelgono come habitat le acque pelagiche sono carnivore, il loro alimento principale è costituito infatti da zooplancton. Nella zona litorale incontriamo, oltre che una maggiore abbondanza di individui, anche una grande varietà di specie.
Dobbiamo ritenere questo fatto legato, in primo luogo, all'abbondanza di alimento ed alla sua più facile reperibilità. La presenza in questa zona di piante acquatiche e di una grande quantità di organismi animali e vegetali che vivono in stretto rapporto con il detrito di fondo crea condizioni favorevoli al prosperare di numerose specie ittiche con le più diverse abitudini alimentari. Infatti, possiamo incontrare pesci con alimentazione vegetale, animale o mista, nonché i grossi predatori piscivori quali luccio, il pesce persico, il lucioperca, il persico trota e il siluro che, celandosi tra le piante acquatiche o altri detriti vegetali, tendono i loro agguati a pesci di piccole dimensioni. Tuttavia molte specie compiono migrazioni tra zona pelagica e zona litorale in concomitanza con particolari momenti stagionali. Questo fenomeno si può osservare abbastanza comunemente durante il periodo della riproduzione.
È noto, ad esempio, il fatto che agone e coregone lavarello si spingono, per deporre le uova, in acque litorali molto basse con fondali sabbiosi puliti e che la trota, quando le è possibile, risale verso la sorgente dei fiumi immissari.
Il fenomeno delle migrazioni può anche non coincidere con esigenze riproduttive. Le comunità ittiche dei laghi subalpini, originariamente costituite da un numero abbastanza ridotto di specie (da 7 a 9 nei piccoli laghi, e fino a 20 o poco più nei grandi laghi), hanno subito una imponente trasformazione dovuta alla introduzione, volontaria o involontaria, di specie alloctone che, in molti casi sono diventate invasive.
Questo fenomeno, unito all’azione diretta o indiretta dell’uomo (modificazione degli habitat, pesca, eutrofizzazione, frammentazione dei corsi d’acqua), e dei cambiamenti climatici (l’incremento di temperatura delle acque ha favorito specie tolleranti e adattabili) ha contribuito a trasformare, in alcuni casi radicalmente, le comunità ittiche dei laghi.
Specie come il rutilo (Rutilusrutilus), il siluro (SIlurusglanis), il lucioperca (Sander lucioperca) comparsi nell’ultima decade del 1900, sono attualmente tra le specie più abbondanti in molti laghi a sud delle Alpi.
Un altro caso significativo è quello del persico sole, introdotto nelle prime decadi del ‘1900 nella maggior parte dei laghi del bacino del Po, e ad oggi, abbondante o abbondantissimo in quasi tutti i laghi poco profondi.
Molte di queste specie si sono radicate talmente a fondo nella cultura locale e nell’immaginario collettivo, perché immessi oramai più di 100 anni fa o più (si pensi al lavarello, alla trota fario, o allo stesso persico sole) che sembra quasi assurdo o incomprensibile considerarle, adesso, “straniere”.
I pesci nei laghi sono fonte di sussistenza ancora oggi per molte famiglie di pescatori e indirettamente, per tramite della pesca professionale e dell’offerta turistico gastronomica, permettono di alimentare e garantire la visibilità ai territori rivieraschi.
Prodotti tipici (si pensi all’agone essicato – il cosidetto “missultin” o missoltino – o al filetto di pesce persico “alla borromea”).
Conclusioni
Nelle righe precedenti, si è cercato di descrivere la complessità dell’ecosistema lacustre.
Acqua e pesci (ed alcune volte le piante acquatiche) sono gli elementi che più frequentemente vengono associati all’idea di “lago”.
Come si è visto sopra, un lago è molto di più.
Un ecosistema molto complesso, vivo e caratterizzato da una molteplicità di interconnessioni tra la matrice abiotica e quella biologica e, all’interno di essa, tra la miriadi di organismi, più o meno grandi, che la compongono. I laghi sono una riserva di acqua preziosa per l’uomo ma ancor più sono uno scrigno di biodiversità e forniscono una serie di servizi ecosistemici diretti o indiretti significativi per il benessere umano.
È quindi un dovere di tutti cercare di preservarli, con la consapevolezza che mantenerli in buona salute è un vantaggio anche per l’uomo.
Dr. Pietro Volta
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