top of page

I laghi: un’entità geografica e un ecosistema (prima parte)

Le acque di fiumi e laghi sono pari allo 0,02% dell'intera quantità d'acqua presente sulla terra. Questa pur esigua parte riveste, da sempre, non solamente il fulcro per lo sviluppo di tutte le attività economiche e sociali umane, ma anche, da un punto di vista più strettamente biologico, la sede elettiva per lo sviluppo della gran parte degli organismi viventi, dai più semplici ai più complessi. A titolo di esempio basta ricordare che delle quasi venticinquemila specie ittiche oggi conosciute quasi la metà vive in acque dolci di laghi e fiumi.

I bacini d'acqua dolce fanno parte di una rete fluvio-lacustre ininterrotta che interessa la gran parte della superficie delle terre emerse. Questa rete, contrariamente a quanto si può in un primo momento pensare, non è immutabile; la continua evoluzione della morfologia delle terre emerse, cui contribuiscono numerose cause, interessa infatti anche i corsi d'acqua e con essi i bacini lacustri che, dunque, possono presentare un'estrema diversificazione morfologica.

Queste differenze morfologiche sono attribuibili innanzitutto ad una loro diversa origine derivante, ad esempio, dall’azione dei ghiacciai, del vento, dalla presenza di rocce solubili, dall’azione esclusiva dei fiumi ma anche dall’intervento dell’uomo.

Guardando alla regione alpina e prealpina, si possono identificare tre principali tipologie lacustri: I laghi di escavazione e di sbarramento da ghiacciaio, i laghi artificiali e i laghi di cava. I primi costituiscono la maggior parte dei bacini lacustri delle regioni montuose che sono, o sono state, interessate dal glacialismo. Tutti i laghi naturali della regione alpina e prealpina sono di origine glaciale (esclusivamente nati dall’azione di escavazione dei ghiacciai in lento movimento) o fluvio-glaciale (il ghiacciaio ha modellato il solco vallivo occupato, precedentemente, da un corso d'acqua), dai grandi laghi profondi delle Prealpi (ad. es. L. Maggiore, L. di Como), ai laghi morenici e intermorenici (L. di Monate, Laghi Briantei, ad esempio), ai piccoli bacini d'alta quota (laghi di circo, laghi in rocce montonate, laghi di doccia, ecc.)

I laghi artificiali, anch’essi presenti lungo tutto l’arco alpino e prealpino, sono stati creati appositamente dall'azione dell'uomo che, attraverso sbarramenti e dighe, ha creato bacini lacustri per costituire riserve d'acqua da utilizzare per scopi idroelettrici, irrigui o potabili. Nel territorio alpino, i laghi artificiali sono quasi esclusivamente indirizzati alla produzione di energia idroelettrica.

Una terza tipologia di bacini lacustri presenti nell’area insubrica e prealpina in generale, è quella costituita dai laghi di cava, derivanti dall’escavazione della sabbia o della ghiaia e dalla successiva risalita dell’acqua di falda o travaso dell’acqua dei fiumi in seguito ad eventi alluvionali.

I laghi, possono essere classificati o catalogati in base a differenti criteri.

Certamente l’origine e le modalità della loro formazione sono tra gli elementi più “classici”.

Vi sono altri elementi tuttavia che consentono, soprattutto in ambito scientifico, di classificare un bacino lacustre.

Un secondo tipo di classificazione infatti, che maggiormente risponde alle esigenze di conoscenza della funzionalità di un lago, è quella basata sul regime termico cui è soggetta la massa d'acqua lacustre.

Numerosi fattori contribuiscono a caratterizzare il ciclo termico di un lago; primi fra tutti la latitudine e l'altitudine che influenzano direttamente la sorgente di energia termica, cioè la quantità e l'intensità della radiazione solare. Altri fattori, quali piovosità e ventosità (fattori climatici), nonché la forma del bacino lacustre e della sua cuvetta e la profondità (fattori morfologici), influenzano direttamente il trasferimento dell'energia termica agli strati più profondi.

Sulla base del regime termico, i laghi possono essere classificati in:

- Laghi di tipo subpolare. In questi laghi la superficie è libera dai ghiacci solamente per un breve periodo estivo, durante il quale la temperatura degli strati superficiali supera i 4 °C. Si avrà così la possibilità di avere un solo periodo di isotermia e quindi di piena circolazione (laghi monomittici). A questa categoria di ambienti appartengono la gran parte dei laghi alpini d'alta quota.

- Laghi di tipo temperato. Le temperature superficiali di questi laghi sono, durante la stagione invernale, di qualche grado inferiori a 4°C anche se la superficie può non gelare, mentre durante l'estate è superiore a 4°C. Verificandosi queste condizioni si hanno due periodi di isotermia e quindi due piene circolazioni l'anno: una primaverile ed una autunnale (laghi dimittici).

- Laghi di tipo subtropicale. Questa categoria, che in realtà comprende laghi che non si trovano esattamente nella regione subtropicale, raggruppa laghi nei quali la temperatura è sempre superiore, anche negli strati profondi, a 4° C. In questi ambienti si verifica annualmente un solo periodo di isotermia (fine inverno) e quindi una sola piena circolazione (laghi monomittici). A questo gruppo appartengono i grandi laghi subalpini come il L. Maggiore.


Cosa c’è in un lago?

I laghi sono un ecosistema e cioè l'insieme inseparabile delle comunità biologiche naturali (Componente Biotica) e dell'ambiente fisico e chimico nel quale gli organismi vivono (Componente Abiotica) e tra i quali esistono meccanismi di interazione reciproca.


Le comunità biologiche, attraverso interazioni con le componenti chimiche e fisiche dell'ambiente, assumono differenti configurazioni e funzioni nelle differenti zone del lago. A grandi linee, ed in maniera del tutto schematica, in un ambiente lacustre si possono riconoscere: una zona di riva (litorale) e una zona di acque aperte (pelagica). Quest'ultima può essere a sua volta suddivisa in uno strato eufotico (strato d'acqua superficiale nel quale si ha la penetrazione della radiazione luminosa) ed uno strato afotico (sottostante al precedente, non interessato dalla luce). Infine, la zona bentonica è quella a diretto contatto col fondo. A causa delle profonde differenze ambientali che le caratterizzano (principalmente differenze di illuminazione), queste zone ospitano comunità biologiche diverse tra loro ed altamente specializzate.

Le componenti abiotiche, quali temperatura, piovosità, ventosità, radiazione luminosa, unitamente alle caratteristiche morfologiche e geologiche del bacino imbrifero di un lago e del lago stesso, giocano un ruolo determinante nel favorire l'intensità dello sviluppo degli organismi viventi, contribuendo ad esempio alla diversa composizione chimica delle acque. Tra gli elementi chimici più importanti per la vita in un lago ci sono l’azoto e il fosforo.

L'azoto è comunemente presente nelle acque, soprattutto sotto forma di azoto nitrico ed ammoniacale. Esso viene portato al lago con la pioggia o con le acque di drenaggio del bacino imbrifero che disciolgono sali di azoto da terreni ricchi di humus e da terreni agricoli fertilizzati con complessi azotati. I composti inorganici dell'azoto sono utilizzati dai vegetali (alghe e piante acquatiche) per la costruzione delle complesse molecole proteiche che costituiscono parte integrante della loro struttura e fonte di approvvigionamento di azoto per il mondo animale. In generale, la forma più stabile dell'azoto (cioè l'azoto nitrico) si trova nelle acque più superficiali, ben ossigenate, mentre l'azoto ammoniacale è presente nelle acque più profonde e povere di ossigeno.

Il fosforo è uno degli elementi meno abbondanti nelle acque ma, nella scala di importanza per gli organismi viventi, occupa una delle primissime posizioni. Questo elemento rappresenta quindi un fattore limitante della crescita, tanto è vero che la sua concentrazione relativa negli organismi e nelle loro spoglie è molto più grande che non nel mezzo acqueo! Il fosforo entra nei cicli biologici sotto forma di ortofosfato e suoi derivati. Gli ortofosfati sono soggetti nelle acque a variazioni stagionali di concentrazione, nonché a stratificazioni verticali. In generale, i fosfati inorganici solubili scompaiono e sono presenti solo in tracce nelle acque più superficiali al principio dell'autunno, per il consumo fattone dagli organismi, vivacemente riprodottisi durante l'estate. Per contro, nello stesso periodo, si ha un suo progressivo aumento di concentrazione nelle acque più profonde.

È facile comprendere a questo punto che un indiscriminato apporto di fosforo (ed anche di azoto) al lago dal suo bacino imbrifero, può determinare gravi squilibri nella produzione biologica della gran parte dei bacini lacustri, dando luogo al fenomeno che tecnicamente è indicato come EUTROFIZZAZIONE. Sebbene molte fonti di nutrienti siano state ridotte grazie all’adozione di pratiche agricole più moderne o al collettamento delle acque di scarico domestici negli impianti di depurazione, l’eutrofizzazione antropogenica (indotta dall’uomo) è un fenomeno presente ancora in molti laghi, ad esempio Lago di Varese).

Consideriamo ora gli organismi viventi (Componente biotica) dell'Ecosistema lago, ricordando prima di tutto brevemente quali sono le zone funzionali nelle quali può essere suddiviso un lago.

In un lago possiamo distinguere uno strato eufotico che comprende tutto lo specchio d'acqua fino a quella profondità, diversa da ambiente ad ambiente, alla quale arriva radiazione solare, in quantità e con caratteristiche tali da permettere i processi fotosintetici. Lo strato eufotico interessa sia la zona litorale sia quella pelagica. La zona litorale si sviluppa lungo tutta la linea di costa, delimitata al largo dalla stessa profondità cui arriva lo strato eufotico. Caratteristica di questa zona è l'insediamento delle piante acquatiche sommerse che possono costituire una vera e propria fascia lungo la costa. Al largo della zona litorale si trova quella che abbiamo indicato come zona pelagica, che si estende su tutta la restante superficie del lago con uno spessore uguale a quello dello strato eufotico.

In laghi sufficientemente profondi, dove la radiazione solare non giunge sino alle massime profondità, abbiamo poi una zona afotica dalla quale è esclusa la vita vegetale.

A questa suddivisione per habitat si adatta, più o meno strettamente, una suddivisione degli organismi acquatici basata sulle caratteristiche fondamentali del loro comportamento o modo di vita.

Si possono così riconoscere tre gruppi fondamentali:

• il plancton è il complesso di organismi vegetali (fitoplancton) e animali (zooplancton), appartenenti a diversi gruppi sistematici caratterizzati, in genere, da dimensioni microscopiche, forme eterogenee e provvisti di strutture che facilitano il loro galleggiamento. La parola plancton deriva dal greco antico e significa “vagabondo” indicando quindi organismi che seguono passivamente i movimenti della massa d'acqua che li ospita;

• il secondo importante gruppo è quello del benthos, cioè quella comunità assai complessa, sia da un punto di vista sistematico sia per gli adattamenti funzionali, che vive in stretto rapporto con i sedimenti del fondo. In relazione alle diverse caratteristiche ambientali determinate dal diverso tipo di sedimento e dalla qualità dell'acqua ad essi immediatamente sovrastante, questa comunità presenta grandi differenze in rapporto alla profondità. Possiamo così distinguere un benthos litorale, sublitorale, profondo e abissale;

• infine, un gruppo a sè è costituito dalla fauna ittica che può essere indicata anche col nome di necton, nel quale vengono inclusi anche tutti gli altri organismi animali che, come i pesci, sono in grado di compiere trasferimenti autonomi.

Animali e vegetali planctonici, sprovvisti di efficienti mezzi di locomozione, tendono generalmente a cadere lentamente verso il fondo. Tale situazione è, in massima parte, dovuta al maggior peso dell'organismo rispetto a quello del volume d'acqua spostato. Di qui la necessità di perfezionare strutture che ne riducano il peso specifico e ne favoriscano il galleggiamento. Molti di essi hanno particolari guaine gelatinose, che posseggono quasi la stessa densità dell'acqua, ne riducono la gravità specifica. Altri invece presentano una maggiore attitudine al galleggiamento mediante l'accumulo di acqua, di gas o di goccioline di grasso dentro al corpo o esternamente, in vescicole gelatinose.

Il fitoplancton è costituito da organismi vegetali unicellulari o coloniali, con dimensioni di pochi millesimi di millimetro, chiamati comunemente alghe. Strabiliante è la varietà di forme che caratterizzano le alghe fitoplanctoniche. Spine, ornamentazioni varie e l'eleganza di certe strutture fanno pensare ad un mondo fantastico.

Se nei grandi laghi profondi il fitoplancton rappresenta il gruppo di organismi che principalmente assolve il compito di produrre, attraverso la sintesi clorofilliana, materiale organico, non si deve dimenticare che questa funzione è svolta anche dalle piante acquatiche; anzi, nei laghi poco profondi l'importanza delle piante acquatiche come produttori può essere rilevante ed in certi casi superiore a quella stessa del fitoplancton.

Lo zooplancton è rappresentato da tre gruppi zoologici: Protozoi, Rotiferi e Crostacei.

I protozoi sono organismi unicellulari con dimensioni dell'ordine di poche decine o centinaia di millesimi di millimetro.

Questi organismi, anche se dotati di movimenti autonomi hanno dimensioni talmente piccole che i loro spostamenti nella massa d'acqua lacustre sono del tutto irrilevanti.

I rotiferi sono animali pluricellulari, con dimensioni che raramente raggiungono il mezzo millimetro. Il loro nome è dovuto al fatto che attorno alla bocca presentano una corona di "cilia" che, muovendosi vorticosamente, dà l'impressione di un'elica o di una ruota in movimento vorticoso.

Il terzo importante gruppo che ritroviamo come componente costante del popolamento zooplanctonico è quello dei crostacei distinguibili in due sottogruppi: Cladoceri e Copepodi.

Questi organismi costituiscono, nell'Ecosistema lacustre, i più importanti consumatori primari.

I Cladoceri sono generalmente fitofagi filtratori e raggiungono dimensioni dell'ordine di pochi millimetri; tuttavia, alcuni di essi, come Leptodora kindtii o Bythotrephes longimanus, sono invece predatori e possono raggiungere anche dimensioni di 7-8 millimetri.




I copepodi sono rappresentati comunemente dai Diaptomidi e dai Ciclopidi, i primi fitofagi durante l'intera loro vita, i secondi fitofagi negli stadi giovanili e predatori da adulti.

Gli organismi animali che vivono a diretto contatto con i sedimenti di fondo sono denominati organismi bentonici. La loro distribuzione, densità e presenza di specie è legata alla natura dei sedimenti.

I sedimenti limosi (a struttura fine), tipici dei tratti di riva più riparati e con debole ondazione, nonché delle zone più profonde, sono ricchi di detrito organico soprattutto di origine vegetale e accolgono, come elementi più caratteristici, gli oligocheti (appartenenti al gruppo dei vermi) e le larve di alcuni insetti (per lo più chironomidi).

Nei sedimenti sabbiosi, che caratterizzano i tratti di riva con ondazione sensibile e la zona sublitorale, trovano particolare sviluppo popolazioni di varie specie di molluschi: dai Lamellibranchi (come Pisidium, Unio e Anodonta) ai Gasteropodi come Planorbis (riconoscibile per la forma a spirale appiattita del suo guscio).

Le comunità bentoniche dei fondali pietrosi sono caratterizzate da una notevole varietà di organismi tra i quali particolarmente comuni sono le larve di insetti che vivono sulla superficie dei ciottoli, spesso rivestita da alghe e muschi.





Gli insetti, che trascorrono i loro stadi larvali nelle acque dei laghi, trovano i rappresentanti più significativi nei Chironomus e Chaoborus.

I Chironomus vivono prevalentemente nella zona profonda dei laghi, ed in 29 generale si nutrono del detrito organico contenuto nel sedimento di fondo (ve ne sono alcuni che hanno abitudini predatorie); si proteggono per lo più entro tubuli da loro stessi costruiti utilizzando sedimento cementato da secrezione salivare.

Questa struttura ha principalmente funzione di rifugio, ma permette loro anche di sollevarsi, anche se di poco, al di sopra della zona di contatto tra acqua e sedimenti che generalmente è la più povera di ossigeno.

Dal punto di vista fisiologico, hanno sviluppato meccanismi che permettono loro sopravvivere normalmente anche a concentrazioni di ossigeno molto basse.

Al termine dello sviluppo larvale si portano alla superficie del lago e sfarfallano come adulti. Interessante è il comportamento della larva di Chaoborus. Le uova di questo insetto sono deposte dagli adulti presso le rive; le giovani larve che si liberano alla schiusa si mantengono per un certo tempo nelle acque superficiali e si comportano come organismi zooplanctonici predatori.

Solamente verso la fine dello stadio larvale passano nei sedimenti.

Tuttavia, durante le ore notturne, le larve bentoniche di Chaoborus sono in grado di compiere migrazioni verso le acque superficiali per poi tornare, all'alba, verso i sedimenti del fondo.




Dr. Pietro Volta



bottom of page