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Ippocampo o Cavalluccio Marino

Il cavalluccio marino è un pesce. I pesci appartengono al subphylum dei vertebrati, all’interno del quale rappresentano circa il 50% delle specie.

Tutti i pesci hanno molte caratteristiche in comune, ma a seconda delle loro differenze anatomiche, fisiologiche, morfologiche e da molte altre ancora, possono essere suddivisi in due diverse classi:

• pesci ossei (Osteichthyes): rappresentati dalle classi Actinopterygii e Sarcopterygii possiedono uno scheletro osseo che si forma per ossificazione dello scheletro embrionale cartilagineo

• pesci cartilaginei (Condritti o Condroitti, Chondrichthyes): i quali possiedono uno scheletro cartilagineo sia nella fase embrionale sia nella vita adulta.


Possiamo classificare il cavalluccio marino:


I Singnatidi hanno una distribuzione molto ampia, che va dalle regioni boreali a quelle meridionali temperato-fredde.

La maggior parte delle specie sono presenti nelle acque temperate calde ed in quelle tropicali; infatti la più grande diversità è nelle regioni tropicali e sub-tropicali dell’Indo-Pacifico.

I cavallucci marini sono pesci di piccola taglia (si va da un minimo di 1 cm fino ai 30 cm) con una vita media di 5 anni. Vivono in bassi fondali, in laguna o in baia, dove ci sono molte alghe, tipo la Caulerpa taxifolia, (volgarmente nota anche come alga killer), praterie di posidonie ed Alimeda per offrire loro un rifugio ed un appiglio su cui ancorarsi e mimetizzarsi. I cavallucci marini soffrono molto gli sbalzi di temperatura. La maggior parte delle specie (oltre 30) è stanziata nei mari tropicali con temperature comprese tra i 24°C e i 27 °C; mentre due sole specie vivono nel mediterraneo (Hippocampus hippocampus e Hippocampus guttulatus).

L’animale ha assunto nel corso della sua evoluzione una posizione verticale che ha comportato la scomparsa totale delle pinne ventrali, in quando hanno perso la loro funzione, e una riduzione o mancanza delle pinne anale e caudale. Si è sviluppata invece in molte specie una lunga coda articolata e prensile. La posizione verticale ha permesso anche lo sviluppo di un collo relativamente lungo e snodato che permette all’animale di direzionare la bocca. La caratteristica principale della bocca è quella di avere le mascelle fuse assieme in una sorta di tubo con apertura terminale senza denti, che dà loro l’aspetto cavallino.

Come la maggior parte dei pesci, gli occhi dei cavallucci marini si possono muovere indipendentemente e questo li aiuta molto nell’individuazione delle prede che vengono risucchiate dalla lunga bocca: un movimento dei muscoli boccali determina una depressione all’interno del tubo e quando la bocca viene aperta aspira la preda e l’acqua intorno. Il corpo degli ippocampi è protetto da una serie di anelli costituiti da placche ossee di vari diametri che vanno a formare un dermascheletro continuo assicurando una struttura altamente flessibile in grado di permettere all’animale di fare dei movimenti molto rapidi e in quasi tutte le direzioni. Gli anelli servono anche come difesa da eventuali attacchi da parte di altri pesci. I pesci per respirare sfruttano gli scambi gassosi che avvengono nelle branchie. Generalmente le branchie sono formate da strutture filamentose fortemente vascolarizzate posizionate ai lati della faringe, queste strutture nei pesci ossei, sono generalmente protette da un opercolo, ma nei cavallucci marini sono chiuse e si aprono solo attraverso un piccolo foro.

L’apparato circolatorio dei cavallucci marini non si diversifica da quello degli altri pesci: è chiuso e semplice. Il sangue viene pompato da un cuore a due camere verso le branchie e da queste raggiunge l’intero corpo dell’animale per ritornare poi al cuore.

L’apparato digerente degli ippocampi è caratteristico per le sue ridotte dimensioni: lo stomaco è quasi inesistente. Il cavalluccio marino è quindi costretto a nutrirsi più volte durante il giorno, ma la cattura delle prede è un’operazione che richiede un notevole dispendio di energie e di fatica, quindi dopo ogni pasto l’animale è costretto a riposarsi attaccandosi ad un appiglio stabile che può essere una roccia, un’alga o qualsiasi altro oggetto che offra anche protezione.

L’alimentazione è varia, si nutrono di fitoplanton, di rotiferi, di piccoli crostacei come l’artemia salina e i suoi naupli, di piccoli antipodi come gli Plaemon.

I cavallucci marini non sono dei grandi nuotatori. Il loro movimento nell’elemento liquido è facilitato dalla presenza di una piccola sacca allungata piena di gas, detta vescica natatoria, presente anche negli altri pesci.

Tale organo, derivato da un’evaginazione dorsale o laterale dell’intestino, funge da regolatore idrostatico (come i subacquei usano il giubbetto ad assetto variabile GAV): grazie alla presenza di una ghiandola del gas, la vescica può essere riempita con la quantità necessaria di gas o sgonfiata per merito di una valvola ovale, al fine di galleggiare e di dosare compiutamente i movimenti natatori.

La vescica natatoria è generalmente unica e posizionata posteriormente rispetto all’intestino, cui è collegata tramite il dotto pneumatico; ha la foggia di una sacca membranosa (in età adulta) il cui sviluppo ha origine dall’esofago per poi articolarsi in direzione caudale. Nelle specie marine, data la maggiore densità dell’acqua, il volume della vescica gassosa rappresenta circa il 5% del volume del corpo; nei pesci d’acqua dolce invece il 7-14%

I pesci percepiscono gli stimoli provenienti dall’ambiente grazie ad un sistema sensorio composto da una serie di organi recettori disposti lungo i fianchi dell’animale dalle branchie fino alla coda (linea laterale).

Questi recettori, chiamati neuromasti, sono costituiti da un gruppo di cellule ciliate ricoperte da una “cupola” gelatinosa. Nei Teleostei e quindi nei cavallucci marini, questi recettori non si trovano direttamente esposti all’ambiente, ma comunicano con l’esterno attraverso dei pori.

Dal punto di vista riproduttivo, i cavallucci marini presentano una caratteristica singolare per cui la femmina depone le uova in una tasca ventrale del maschio (marsupio) che le custodisce fino alla schiusa.

Analizziamo meglio questo affascinante aspetto. Questi animali possono essere monogami o formare delle coppie stabili solo nel periodo della riproduzione, che corrisponde ai periodi caldi dell’anno. La maturità sessuale viene raggiunta entro i primi 8 mesi di vita in tutte le varietà.

Negli ippocampi è il maschio a corteggiare la femmina. In Hippocampus hippocampus, i rituali di corteggiamento possono durare per parecchi giorni, finché la tasca incubatrice non è pronta a ricevere le uova. In Hippocampus ramulosus, invece, c’è un diverso rituale di corteggiamento, in cui la coppia si tiene allacciata per la coda.

Tale comportamento risulta di rilevante importanza, in quanto può aver contribuito all’isolamento riproduttivo tra le due specie. Come già accennato in precedenza la femmina depone grosse uova telolecitiche (uova caratterizzate da una grande quantità di tuorlo, il quale garantisce il sostentamento per tutto il periodo dello sviluppo) all’interno del marsupio del maschio.

I movimenti devono essere perfettamente sincronizzati in quanto il passaggio delle uova e della loro fecondazione è contemporaneo ed è proprio durante il trasferimento che si ha la maggior perdita di uova.

A questa tasca deputata all’incubazione delle uova, sono state finora attribuite tre funzioni principali: respiratoria, nutrizionale ed osmoregolatrice. Durante il periodo d’incubazione, l’epidermide della parete interna dell’area incubatrice si arricchisce di vasi sanguigni e di cellule cuboidali simili a cellule secernenti, ispessendosi. In questo modo ciascun uovo, che rimane adeso alla parete grazie ad una sostanza mucosa, rimane avvolto da un epitelio in grado di fornire nutrimento per diffusione ed assicurare sufficienti scambi gassosi.

L’ipotesi della funzione osmoregolatrice dell’area d’incubazione è nata invece dall’osservazione che all’inizio la pressione osmotica della tasca incubatrice è simile a quella del sangue paterno, mentre man mano che gli embrioni si sviluppano si avvicina sempre di più ai valori di quella dell’ambiente esterno.

Pertanto la tasca, regolando la propria osmolarità, ha il ruolo di acclimatare gli embrioni alle condizioni dell’ambiente esterno. La permanenza delle uova nel marsupio dipende dalle specie, ma va da qualche giorno a qualche settimana. Una volta che le uova si sono schiuse i genitori non si occupano più di loro, l’ultimo compito del maschio è rilasciare i piccoli nel periodo di alta marea in modo tale che i cavallucci marini non si concentrino tutti nello stesso punto e che non siano di facile preda di altri animali.

Purtroppo oggi il commercio dei cavallucci di mare è in forte incremento e questo ne pregiudica fortemente la loro esistenza.

I cavallucci marini vengono venduti principalmente vivi per gli acquari, anche se, per la loro sensibilità alla qualità dell’acqua sono animali molto difficili da allevare in una vasca marina.

Infatti soffrono molto gli sbalzi di temperatura repentini e sono soggetti a malattie che possono essere causate da batteri, funghi o parassiti.

Una delle patologie più frequenti e pericolosa è la formazione di bolle di aria nei loro tessuti (nei subacquei viene conosciuta come MDD malattia da decompressione o PDD patologia da decompressione).

Le bolle possono essere: superficiali, interne, nel marsupio.

La loro formazione è causata da un’eccessiva concentrazione di gas nell’acqua della vasca.

L’animale ammalato appare “gonfio” in alcuni punti.

Se le bolle sono esterne e lontane da organi particolari quali bocca, occhi o marsupio, possono essere bucate per essere svuotate; invece se le bolle sono interne bisogna creare un delta di pressione in modo da aiutare lo sgonfiamento.

Per i maschi, quando si formano bolle di gas nel marsupio è sufficiente prenderli con le mani e cercare di far uscire l’aria esercitando una leggera pressione sul marsupio.

Nei paesi orientali i cavallucci marini vengono fatti essiccare in quanto la medicina tradizionale asiatica ne attribuisce sorprendenti proprietà curative e afrodisiache.

Il valore commerciale di questo pesce, raggiunge tranquillamente il valore dei metalli preziosi come l’oro.

Il giro d’affari attorno a questo particolare animale, è tuttora in crescita.

Vietare il mercato di questo Syngnathidae non è semplice, poiché i Paesi che hanno la fortuna di avere nei loro mari almeno una specie sono più di un centinaio e più della metà lo commercializzano, quindi avere una regolamentazione sarebbe un grosso passo in avanti verso la salvaguardia di questa forma di vita particolare.



Dr. Flavio Gaspari



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