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L’Area Marina Protetta che non c’è: la Costa del Conero

Quando le persone pensano al mare, spesso e volentieri si soffermano su tre aspetti che collegano gli esseri umani al mondo sommerso: le vacanze, la pesca e la navigazione.

Ma come ormai sappiamo, gli ambienti marini sono molto più di questo, e ci forniscono ogni giorno una moltitudine di risorse fondamentali alla nostra sopravvivenza e a quella del Pianeta Terra in generale. Coprendo circa il 70% del nostro mondo, contengono infatti il 97% delle sue acque e forniscono la maggior parte dell’acqua piovana, che oltre a formare le nostre riserve idriche sulla terraferma è coinvolta nella regolazione della temperatura dell’aria. Inoltre, ospitano una vastissima biodiversità, fondamentale per la sopravvivenza di innumerevoli specie, molte delle quali non sono state ancora scoperte. Il Mar Mediterraneo da solo, nonostante abbia una superficie pari allo 0.82% del totale coperto dagli oceani, è considerato un hotspot di biodiversità, cioè una regione caratterizzata da un’elevata diversità di ambienti e di organismi, con un numero stimato di oltre 17.000 specie, ovvero il 18% degli organismi marini presenti sul pianeta.

Mari e oceani sono però minacciati da una vasta gamma di attività umane, quali la pesca eccessiva, l’inquinamento, la diffusione di nuove malattie e specie invasive, e naturalmente dai sempre più pressanti cambiamenti climatici, tutti fattori che hanno portato il 22% delle specie marine e circa il 63% degli habitat marini ad una situazione sfavorevole. Le Aree Marine Protette (AMP) sono state istituite proprio per proteggere le specie e gli ecosistemi vulnerabili, preservare la biodiversità, ristabilire l'integrità dell'ecosistema e migliorare la riproduttività delle popolazioni di organismi marini. Ad esempio, rappresentano un importante deterrente per limitare la pesca illegale, oltre che uno strumento efficace per ripristinare la biodiversità marina e i servizi ecosistemici.

Le AMP non costituiscono uno strumento di esclusione dell’Uomo dalla Natura. Al contrario, promuovono un turismo dedicato al rispetto dell’ambiente, ad esempio attraverso il turismo subacqueo o la fotografia subacquea, e contribuiscono all’economia locale con la crescita del settore alberghiero e della ristorazione. Ma le AMP possono diventare anche un luogo dove arte, scienza e cultura trovano un punto di incontro, assicurando servizi di qualità per le comunità locali e per la preservazione delle tradizioni, tra cui quelle legate alla pesca.

L’Italia stessa è diventata un paese di grande interesse per la realizzazione delle aree marine protette, poiché caratterizzata da un patrimonio di biodiversità tra i più significativi in ambito europeo, non solo per numero totale di specie animali e vegetali, ma anche per l’alto tasso di endemismi. Nelle acque italiane, ne sono state istituite 29, oltre a 2 parchi sommersi che tutelano complessivamente circa 228mila ettari di mare e circa 700 chilometri di costa. Un prezioso “patrimonio blu” che appartiene a tutti, a cui possiamo aggiungere i 2 milioni e mezzo di ettari di mare custoditi dal Santuario Internazionale dei Cetacei Pelagos. Le aree marine protette di Capo Caccia, delle Cinque Terre, di Maddalena e Stromboli sono alcune di quelle più conosciute nei nostri mari, non solo oasi ricolme di vita marina, ma anche vestigia di civiltà antichissime. In queste aree si possono ammirare gli ambienti marini-costieri più significativi della nostra penisola, con ecosistemi che vanno dalle coste alte e rocciose ai lunghi cordoni dunali, mentre sotto la superficie marina si estendono ambienti unici come le praterie di Posidonia oceanica o le variopinte formazioni coralligene.

Eppure, la maggior parte delle acque italiane mancano di un adeguato regime di tutela, come per le acque della costa marchigiana, lungo il Mar Adriatico, tutt’ora a rischio. Tra le zone più importanti per la biodiversità dell’Adriatico e di questo tratto di costa spiccano sicuramente la costa ed il mare del Conero, nelle Marche, un complesso di habitat straordinari e fragili, l’unica porzione di coste alte e rocciose tra il golfo di Trieste e le Isole Tremiti. Punto d’approdo sin dal IV secolo a.C, quando i Greci risalivano le coste meridionali in cerca di città da fondare, fu un’importante dimora per i Dori e successivamente dei Romani, la cui influenza è ancora visibile nei capitelli riccamente decorati di alcune chiese e monasteri. Dal Passetto a Portonovo, si trova un’incantevole baia ricca di biodiversità, anemoni, crostacei, nudibranchi dai colori variopinti, spugne giganti e innumerevoli specie di pesci, tra cui molti organismi minacciati dalla pesca eccessiva. Un’area unica in Italia dove si può incontrare anche il famoso “Mosciolo” (Mytilus galloprovincialis), la cozza selvatica presidio di Slow Food.

Incredibilmente, lungo 600 km di costa adriatica italiana, tra l’Area Marina Protetta di Miramare e quella di Torre del Cerrano, non esistono aree marine protette. La proposta di istituzione dell’Area Marina Protetta della Costa del Conero formulata nel lontano 1998 è tuttora un miraggio. Nonostante lo sforzo di numerose associazioni, le evidenze scientifiche prodotte dal CNR (Istituto per le Risorse Biologiche e le Biotecnologie Marine), e dall’Università Politecnica delle Marche, uno dei riferimenti nazionali nell’ambito della biologia marina, la costituzione dell’AMP non è stata mai finalizzata a causa di rivalse politiche e della feroce opposizione di pescatori subacquei e diportisti.

L’area marina protetta della costa del Conero vanta anche un primato unico nel sistema italiano: ai cittadini interessati alla sua realizzazione è stata negata la possibilità di esprimersi a riguardo con un referendum. La costituzione di questa AMP rappresenterebbe un’opportunità mancata non solo per preservare un tratto di costa e i suoi preziosi habitat, ma anche per ricevere finanziamenti destinati a beneficio delle comunità locali. La Riviera del Conero è diventata anche un importante centro per il restauro delle foreste di macroalghe e dei coralli endemici del Mediterraneo, la madrepora cuscino (Cladocora caespitosa).


Inoltre, qui è stata individuata la Zona Speciale di Conservazione denominata “Portonovo e falesia calcarea a mare” (ZSC IT5320006) che richiede adeguate forme di protezione ai sensi della normativa europea.

Il Conero potrebbe quindi diventare indispensabile per salvaguardare le specie marine che vivono in questa regione, ma anche per assicurare e proteggere la delicata connessione tra il nord e il sud dell’Adriatico.

La protezione di questo tratto di mare è fondamentale anche per prevenire i continui rischi a cui è esposta, come dimostrato nell’estate 2021, quando pescatori di frodo raccolsero circa 12.000 ricci di mare davanti alla Torre di Portonovo di Ancona. Continuano incessanti anche le attività di pesca illegale del dattero di mare (Lithophaga lithophaga), che qui convive con il dattero bianco (Pholas dactylus), per non parlare delle turbo-soffianti (le cosiddette vongolare), che avvicinandosi troppo alla costa causano gravi danni al reclutamento del “mosciolo”.

In tutti questi anni, il peggiore ostacolo all’istituzione dell’AMP del Conero è stato sicuramente il desiderio di promuovere una “mancanza di regole e controlli”, così da favorire attività irregolari o illegali, unito a una buona dose di fake news che diffondono informazioni assolutamente infondate, una situazione non certo limitata all’Italia. Si tratta di un quadro tutt’altro che roseo, visto che la Convenzione sulla diversità biologica si è posta l’obbiettivo di proteggere almeno il 30% degli oceani entro il 2030 e in Italia siamo ancora fermi a poco più del 5% contando solo le Aree marine protette, e all’11% se includiamo anche le ZSC/SIC e altre forme di tutela. È quindi giunto il tempo di agire per assicurare la protezione degli ambienti marini, e con essi preservare la loro biodiversità e garantire il corretto funzionamento dei loro delicati ecosistemi.



Di Giovanni Lanteri e Roberto Danovaro

Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente,

Università Politecnica delle Marche



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