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La gestione delle piante arboree ed i mutamenti climatici

La convivenza tra esseri umani ed organismi viventi genera sempre qualche perplessità, spesso è opportuno approfondire quale sia il miglior modo di gestire le piante arboree e gli organismi viventi che ci circondano.

Molti sistemi di gestione degli alberi in ambito urbano fanno riferimento ad incorrette metodiche, generate da mancata conoscenza, o a modalità arcaiche di gestione del verde.

Alcuni aspetti non conosciuti riferiti alla realtà delle piante sono la gestione di alberi che hanno subito potature intense, comportamento delle piante adulte nei confronti di mutati fattori climatici, utilizzo di pacciamature inorganiche (teli e tappeto erboso sintetico) parzialmente permeabili all'aria.

I vegetali si sono evoluti nel tempo come esseri viventi incapaci di movimento, rimangono nel luogo nel quale sono stati messi a dimora o dove è germinato il seme. Le piante legnose hanno evoluto alcune strategie per sopravvivere ad eventi traumatici di grave entità, quali i fulmini oppure caduta di altre piante con formazione di ferite.

Nei millenni gli organismi vegetali hanno evoluto strategie per sopravvivere dopo lesioni gravi e tornare a riprodursi. Queste strategie sono numerose, ad esempio modifiche nel bilancio ormonico e formazione di gemme prima non presenti o latenti.


Le piante regrediscono ad uno stadio giovanile, con formazione di nuovi germogli molto vigorosi ed incapaci di fiorire. L'elevata vigoria ha permesso la sopravvivenza di piante fortemente lesionate, altrimenti sottomesse alle piante sane adiacenti.

L'elevato tasso di crescita dei nuovi germogli impedisce alle piante ridotte nelle dimensioni di essere sottomesse alle piante vicine, una volta riacquistato lo spazio occupato precedentemente la vigoria si attenua e le piante tornano a fiorire e moltiplicarsi.

Queste strategie di sopravvivenza sono molto comuni nel mondo vegetale, mirate non tanto alla sopravvivenza del singolo individuo quanto alla continuazione della specie. In qualche caso sono gli uomini a provocare gravi danni agli alberi, attraverso interventi di potatura di elevata intensità, con tagli di grandi dimensioni, riduzione degli apici e dei rami. Le piante in questi casi reagiscono come hanno imparato a fare: ritorno alla fase giovanile e formazione di apici e germogli vigorosi e sovranumerari, giovanili con incapacità di fiorire. Il risultato è una modifica perenne dell'architettura dell'albero, con elevato rischio di cedimento nel lungo periodo dei nuovi assi formati, per una diversa ripartizione delle forze incidenti (vento) e formazione, alla base delle nuove strutture legnose, di punti di accumulo delle forze. Altro risultato di interventi di manutenzione molto intensi è il rischio di ingresso di malattie dei tessuti legnosi, con aumento dei rischi di instabilità.


Legato all'adattabilità in caso di ferite di grave entità vi è l'adattabilità alle mutate condizioni climatiche.

Nel campo del verde urbano sono da sempre utilizzate specie arboree provenienti da climi continentali, specie che si sono evolute in climi con estati fresche e piovose. Fino a pochi anni orsono queste piante erano largamente utilizzate nei climi prealpini (Faggio, Betulla, Acero di monte, Ippocastano, Ciliegio, Acero palmato, Nocciolo di Bisanzio, Cedro, Farnia, Araucaria, Chamaecyparis lawsoniana, Pino nero, Duglasia, Agrifoglio). Negli ultimi anni queste specie sono spesso soggette a stati di sofferenza di origine non parassitaria. I sintomi sono generici, quali defogliazioni, clorosi, disseccamenti, scarso accrescimento, defogliazione estiva, ingresso di parassiti secondari, scarsa o mancata fioritura, maggiore suscettibilità alle malattie. Le cause sono di origine abiotica, non parassitaria e dovute alle mutate condizioni climatiche negli ultimi anni.

E' pur vero che gli esseri vegetali hanno un'elevata tolleranza ai fattori climatici, con elevata capacità di sopravvivenza e di modifica, ma questa plasticità non è uguale durante il corso della vita, è massima nel periodo giovanile e minima al termine della fase adulta o nella fase senescente.

Per contro alcune piante, anche utilizzate nei climi prealpini, hanno trovato vantaggio nei confronti delle mutate condizioni climatiche (Platano, Olmo, Quercia rossa, Abete di Spagna, Pino domestico, Lagerstroemia, Catalpa, Paulownia, Bagolaro, Liquidambar, Leccio, Cipresso, Broussonetia, Cercis, Alloro, Olivo, Parrotia).

Accanto all'adattabilità delle piante nei confronti dei fattori climatici (Hardiness Zone, classificazione di origine anglosassone) è opportuno ricordare le specie invasive, con normativa corrispondente. L'effetto più deleterio delle specie invasive è la banalizzazione degli ecosistemi, con riduzione del numero di specie presenti e minor resistenza del sistema nei confronti del clima.


Una delle piante che più ha risentito delle cambiate condizioni climatiche è il Cedro (Cedrus deodara, Cedrus atlantica, Cedrus libani). Queste tre specie sono molto utilizzate in parchi e giardini.

In primo luogo sono conifere, piante adattate a climi con condizioni estreme, meno adattabili delle latifoglie.

Piante non molto longeve (circa 150-200 anni la vita media), con provenienza dalle montagne dell'Atlante, dall'Hymalaya, dal Medio Oriente.

Nonostante la non elevata longevità le 3 specie sono molto vigorose, raggiungendo dimensioni notevoli.

Le piante di Cedro necessitano di notevole spazio, almeno 20x20 metri. In caso contrario diventano importanti le interferenze con le infrastrutture e servono continui interventi di potatura per contenere le dimensioni. I continui interventi di potatura, oltreché costosi, sono deleteri per l'albero.



Negli ultimi anni tutt'e tre le specie sono diventate suscettibili all'innalzamento delle temperature, con manifestazione di sintomi di sofferenza.

A seguito del cattivo stato le piante sono diventate più suscettibili nei confonti di malattie. Ciò ha determinato l'abbreviamento della durata media della vita ed una moria di piante appartenenti alle tre specie.

Altra operazione deleteria che si esegue sulle piante arboree adulte è la posa di teli di pacciamatura o tappeto erboso sintetico sopra le radici. La stesura dei teli viene eseguita per ragioni di praticità ed economia, per mantenere l'area vicina alle piante con assenza di infestanti erbacee.

L'operazione è deleteria in piante adulte perché gli apparati radicali hanno bisogno di ossigeno per poter svolgere alcuni processi vitali. L'aria proviene dall'atmosfera, per diffusione entra all'interno del terreno dove forma un gradiente, la concentrazione è massima vicino alla superficie, diminuisce all'aumentare della profondità.

La quantità di ossigeno nel suolo è il maggior fattore limitante l'approfondimento radicale.



Le radici di piante adulte sono cresciute in presenza di alcuni fattori ambientali che nel tempo non hanno subito modifiche, quali la concentrazione di ossigeno nel terreno.

In risposta le radici hanno esplorato alcuni orizzonti di suolo, non modificabili in quanto nel tempo le radici si sono lignificate. La minor quantità di ossigeno a disposizione delle radici determina l'inizio di uno stato di sofferenza radicale, moria di radici, probabile ingresso di malattie.

A distanza di tempo i sintomi sono visibili anche sulla chioma, un'eventuale ispezione in quota darebbe responso negativo nella ricerca di malattie che possano aver determinato i sintomi.

La posa di materiale impermeabile o poco permeabile all'aria in piante adulte è sempre un'operazione dannosa, in alberi con strutture lignificate e definite, non modificabili avendo perso le caratteristiche di plasticità dei tessuti radicali giovani.





Dr. Luciano Riva


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