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Le biforcazioni delle piante in ambito urbano: aspetti biomeccanici, difetti strutturali e strategie di gestione

  • Immagine del redattore: Luciano Riva
    Luciano Riva
  • 14 minuti fa
  • Tempo di lettura: 6 min

La presenza della vegetazione arborea nelle aree urbane rappresenta un elemento cruciale per il benessere ambientale, ecologico e sociale delle città contemporanee. Gli alberi, in particolare, svolgono un ruolo fondamentale nel mitigare gli effetti delle isole di calore, nel migliorare la qualità dell’aria e nel favorire la biodiversità. Tuttavia, la loro crescita e morfologia sono fortemente influenzate dalle condizioni artificiali dell’ambiente urbano, caratterizzato da spazi limitati, substrati compatti ed interventi di potatura spesso incorretti. In questo contesto, le biforcazioni (due o più assi legnosi, con diametro simile, inseriti su uno stesso punto) ossia le ramificazioni principali che determinano la struttura e la stabilità dell’albero, assumono un’importanza particolare.

La loro formazione, evoluzione e risposta alle sollecitazioni meccaniche sono temi centrali per la gestione sostenibile del verde urbano.

Lo studio delle biforcazioni consente non solo di comprendere meglio le strategie adattative delle piante in contesti antropizzati, ma anche di migliorare le pratiche di arboricoltura e prevenire cedimenti strutturali che possono comportare rischi per la sicurezza pubblica. La gestione del patrimonio arboreo urbano richiede una comprensione approfondita dei meccanismi biomeccanici che regolano la stabilità delle piante.

Le biforcazioni costituiscono punti critici sotto il profilo strutturale, poiché la loro geometria influisce direttamente sulla resistenza al vento, sulla propagazione di eventuali difetti interni, sulla trasmissione, smaltimento e ripartizione delle forze impresse dal vento alla chioma. In ambito urbano, dove gli alberi sono esposti a condizioni ambientali e gestionali estreme (spazio radicale ridotto, potature frequenti, stress idrico, inquinanti, asimmetrie di crescita), la probabilità di formazione di biforcazioni deboli o difettose aumenta significativamente. Dal punto di vista biomeccanico, la stabilità di una biforcazione dipende dalla continuità del legno di reazione e dalla capacità del tessuto di trasmettere le sollecitazioni longitudinali. Le analisi condotte mediante tomografia sonica hanno mostrato che la presenza di discontinuità interne, corteccia inclusa o eccentricità del legno riduce la capacità portante del punto di biforcazione rispetto a un’unione sana. La rottura avviene generalmente per scorrimento lungo il piano di corteccia inclusa o per trazione longitudinale del legno esterno, con modalità di frattura variabili in base alla specie e all’età dell’albero.

La sintomatologia delle biforcazioni appare importante, in base ai sintomi si può verificare il rischio di cedimento di una biforcazione, decidere i criteri di intervento o di risoluzione. 

Uno studioso delle biforcazioni è senza dubbio D. Slater (Duncan Slater: "Branch junctions: a classification system for arborist"). Questo studioso inglese evidenzia i sintomi delle biforcazioni: tipo di specie, forma della biforcazione (a U o a V), rapporto diametrico dei due assi, presenza di cresta o meno, anatomia interna nel punto di biforcazione, eventuale presenza di cracks, giunzione che contiene altri materiali, presenza di carie del legno. Per ciò che riguarda le specie alcune sono più soggette a cedimento delle biforcazioni, ad esempio Faggio è molto soggetto, Platano poco propenso.

Forma della biforcazione, più è stretta (forma a V) più aumenta il rischio di cedimento. Le biforcazio ni con forma ad U hanno meno probabilità di cedimento. Rapporto diametrico fra i due assi. Più è elevato il rapporto fra i due assi (asse secondario inserito sulla biforcazione/asse principale inserito sulla biforcazione) maggiore è la probabilità di cedimento. Rapporti ≥ 1 sono sintomatici. Presenza di cresta, è un'escrescenza nel punto superiore della biforcazione, se esistente è minore la probabilità di presenza di corteccia inclusa, pertanto la biforcazione è meno propensa al cedimento. Se mla cresta è assente maggiore è la probabilità che sia presente corteccia inclusa all'interno, non visibile dall'esterno. Presenza di crack, sono da rilevare se presenti sotto la biforcazione, sono parziali cedimenti ed aperture della biforcazione, rilevabili come fessurazioni longitudinali sui tessuti corticali. Presenza di carie del legno quale aggravante delle condizioni. Le carie del legno sono un gruppo di malattie fungine, questi parassiti degradano lignina e cellulosa, molecole che le piante utilizzano per formare i tessuti di sostegno. A titolo di esempio viene riportato un rilievo eseguito dall'autore del libro (Slater) per una biforcazione in Faggio (unione a V, molto stretta), quindi con elevato rischio di rottura (Foto 1).


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Un altro studioso delle biforcazioni è il prof Edward Gilman dell'Università della Florida. Nel manuale "Prescription pruning qualification" individua le biforcazioni sintomatiche, ma soprattutto indica i criteri di intervento (foto E. Gilman) (Foto 2).

Altri autori indicano ad esempio come eseguire un rilievo di biforcazioni, quale approfondimento durante un sopralluogo, oppure per monitorare la situazione nel tempo. Ad esempio Simon Cox nel suo "Aerial Inspections: a guide to good practice" riporta un esempio di valutazione di biforcazione su Faggio, con verifica del rischio di rottura. Ispezione eseguita visivamente con solo ausilio di un metro e misurazione dei diametri (Foto 3).


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Esempio di rilievo di una biforcazione su Faggio (Foto 4). Vista la frequenza con la quale si presentano le biforcazioni nelle piante in ambito urbano numerosi sono gli studi dedicati, con approfondimenti e monitoraggi delle diverse situazioni di campo. Un altro studioso che si è dedicato alle biforcazioni è Lothar Vessoly, in "Tree statics and tree inspection" sono trattati alcuni tipi di giunzioni (Foto 5). Nel caso sotto riportato non è stato il vento, pur forte, a provocare il cedimento di uno dei fusti, bensì un difetto strutturale, consistente in una biforcazione sintomatica, con corteccia inclusa, elevata ratio fra i due fusti, forma a V. Il cedimento poteva essere previsto poiché sintomatico. Potevano essere messe in atto misure per ridurre il rischio (foto da E. Gilman - Foto 6).

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Esistono anche documenti, basati su dati scientifici ma divulgativi, sulla buona cura delle piante arboree. Ad esempio Georgia Forestry Commission ha prodotto un manualetto per privati possessori di alberi. All'interno semplici consigli per il buon mantenimento di piante arboree, fra questi individuazione di un fusto unico quale migliore struttura per la resistenza al vento ed agli agenti climatici (Foto 7). 

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Altro esempio per capire le biforcazioni è rappresentato dal manuale "Arborist's certification study guide", è il manuale per preparasi all'esame da arboricoltori. Numerosi esempi riportati di biforcazioni con elevato rischio di rottura, si riporta un esempio pubblicato (Foto 8). 

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Altri riferimenti riguardano la resistenza al vento delle piante, alcune specie sono molto resistenti, altre molto poco. In zone ventose la scelta delle piante da mettere a dimora riguarderà le specie con marcata resistenza al vento. Ad esempio (foto di E. Gilman) nei casi degli uragani Jeanne e Charley due specie si sono comportate in modo molto diverso, benchè le velocità del vento nei due casi fossero paragonabili: Pinus clausa sopravvivenza del 4%, Taxodium distichum sopravvivenza 95%. (Foto 9).

Altro esempio utile alla comprensione del problema, in foto pianta con difetti strutturali, quali biforcazioni e corteccia inclusa, poco resistente al vento (foto E. Gilman - Foto 10).

In questo caso ha ceduto una biforcazione in concomitanza di un evento ventoso.

Il responsabile non è il vento, ma il difetto strutturale preesistente. Il difetto poteva essere visto da terra e poteva essere eseguita una stima del rischio di rottura prima dell'evento ventoso.

Questo passaggio è possibile solo conoscendo i sintomi delle biforcazioni. 

Piante con unico tronco sono più resistenti al vento (foto E. Gilman - Foto 11). Esempio di una biforcazione sintomatica in Faggio, con rischio elevato di cedimento: biforcazione molto stretta e fessurazioni alla base della biforcazione (Foto 12). In linea generale la riduzione del rischio delle biforcazioni è possibile. Ad esempio si può intervenire, a seconda della gravità, con selezione di rami, diradamento, ancoraggio, abbassamento o riduzione.


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La selezione dei rami di una biforcazione può essere eseguita quando gli assi inseriti su una biforcazione hanno diametro piccolo, altrimenti le ferite inferte con la potatura sono di grandi dimensioni ed aumenta il rischio di infezioni da parte di funghi patogeni dei tessuti legnosi. L'obiettivo in questo caso (selezione) è la ricostruzione della chioma, con più interventi di selezione di assi legnosi si ottiene il fusto definitivo, in asse col tronco sottostante. Per diradamento è inteso un tipo di potatura che ha come scopo diminuire la forza del vento incidente. Si realizza con tagli di minimo diametro, la chioma risulta meno densa, non è prevista spuntatura degli apici dei rami. L'ancoraggio invece prevede la legatura, con opportuni sistemi brevettati, delle cime che compongono una biforcazione. In caso di elevato rischio ed impossibilità a sostituire l'albero si provvede ad abbassamenti, da valutare caso per caso. Altri sistemi di gestione delle biforcazioni si realizzano prima della messa a dimora delle piante, scegliendo specie poco soggette a cedimenti, oppure con tendenza naturale a formare ramificazioni ampie (es Platano e Tiglio). Scelta di specie resistenti al vento, e, quale sistema gestionale di manutenzione, evitare potature con tagli di grande diametro, dai quali si formano facilmente biforcazioni o formazione di numerosi assi legnosi inseriti su uno stesso punto, con modifica dell'architettura propria della specie. Quali criteri di indagine si indicano i monitoraggi, se visivi almeno con frequenza annuale, ed i rilievi strumentali (con tomografo). Le biforcazioni rappresentano elementi chiave nell’analisi della stabilità strutturale degli alberi in ambiente urbano. La loro comprensione richiede un approccio integrato, che unisca conoscenze di anatomia del legno, biomeccanica, fisiologia vegetale e tecniche arboricole avanzate. La prevenzione dei difetti e la gestione mirata delle biforcazioni critiche sono strumenti fondamentali per garantire la sicurezza pubblica, la longevità del patrimonio arboreo e la sostenibilità del verde urbano.





Luciano Riva


 
 
 

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Rivista HABITAT

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