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Normativa sul verde urbano di proprietà privata

Piante ed umani sono esseri viventi differenti, con diverse necessità vitali e tempi diversi per le principali fasi del ciclo vitale.

La vicinanza di uomini e piante genera qualche volta attriti ed incomprensioni, spesso gli umani non sopportano le piante, soprattutto quelle delle proprietà confinanti. Molte di queste incomprensioni sono forse dovute alla mancanza di conoscenza circa le funzioni vitali degli alberi. In qualche modo l'approfondimento migliora la convivenza tra umani e vegetali.

Gli esseri vegetali non si muovono, hanno una vita media in genere molto più lunga rispetto a quella degli umani, esplorano l’ambiente che li circonda per soddisfare i propri bisogni. Quando una pianta viene messa a dimora rimarrà in tale posizione per tutta la durata della sua vita, di diversi decenni, ben oltre la durata della vita di chi l’ha piantata. È quindi necessario che la piantagione sia preceduta da un’analisi riguardante gli spazi a disposizione (paragonabili con quelli delle dimensioni potenziali della specie vegetale), la specie corretta da mettere a dimora, le distanze da edifici o manufatti. In generale è necessario che l’ambiente dove la pianta verrà messa a dimora sia confacente e consenta la crescita del vegetale fino all’età adulta.

Concetto semplice ma difficile da realizzare, basti pensare al suolo privato: può cambiare destinazione ben prima che le piante raggiungano le dimensioni definitive.

I principali aspetti caratteriali ed attitudinali che deve possedere l'arboricoltore ed in generale chi si occupa di piante sono pazienza ed altruismo, nel senso che le piante messe a dimora verranno godute nella loro fase adulta dalla generazione successiva rispetto a quella responsabile della messa a dimora.

I processi di adattamento all’ambiente da parte dei vegetali sono in genere molto lunghi, i cambiamenti in risposta alle variate condizioni ambientali necessitano di molto tempo, le piante si adattano all’ambiente che le circonda in modo lento rispetto ai tempi degli esseri animali, non essendo presente il movimento. In presenza di un cambiamento non possono scegliere un altro ambiente dove vivere, devono adattare se stesse alle mutate condizioni ambientali.

La mancanza di conoscenza o l’eccessiva approssimazione genera cattiva gestione del patrimonio vegetale e delle nostre piante, ad esempio molte piante arboree vengono eliminate perché di impiccio, una pianta arborea con dimensioni potenziali notevoli in un’area di piccole dimensioni determina futuri costosi interventi di manutenzione.

È anche vero che le dimensioni delle aree a verde private sono diminuite nel tempo, oggi troviamo piante arboree di ragguardevoli dimensioni messe a dimora in aree a verde proporzionate, ma successivamente rimpicciolitesi a causa di frazionamenti.

Da questo punto di vista non è indispensabile che le piante abbiano dimensioni minime all’impianto, in quanto le difficoltà maggiori sono quelle legate all’attecchimento ed alla costruzione di un ambiente idoneo, dato che quello sarà quello definitivo per i futuri decenni.

Il verde privato che vorremmo


Parimenti nei lavori di manutenzione un intervento più intenso (es potatura) non è sinonimo di maggiore durata nel tempo degli effetti dei lavori.

Una migliore conoscenza porterebbe ad interventi meglio eseguiti, ad attitudini più positive da parte degli umani nei confronti dei vegetali, ad una migliore fruizione del verde in generale da parte delle persone, ad un risparmio economico per diminuzione di interventi manutentivi non più necessari.

Le più recenti norme in materia sono orientate in questa direzione, cioè verso una maggiore tutela delle piante e dell’ambiente nel quale vivono (ecosistemi urbani). Questo aspetto complica spesso la questione, la maggiore tutela verso piante cresciute nei posti sbagliati (ad esempio piante di prima grandezza potenziale messe a dimora in spazi angusti) aumenta i costi ed aumenta la distanza fra il cittadino possessore del bene e l’ente predisposto alla salvaguardia dello stesso.

È quindi opportuno che la tutela non si estenda a tutte le piante in generale, ma è necessario che la norma distingua i diversi casi, in qualche caso faciliti i processi autorizzativi.



Il verde privato che vorremmo



Dall’altro lato sarebbe opportuno che, in tema di gestione del verde urbano, i maggiori sforzi venissero orientati nel creare le condizioni idonee per la crescita dei vegetali: tipo di suolo, spazi minimi necessari alle piante sia per le radici che per lo sviluppo aereo, utilizzo di piante anche di piccole dimensioni, utilizzo di varietà resistenti alle malattie, utilizzo anche di piante non autoctone, forte limitazione all’uso dei fitofarmaci, opportuna scelta della specie in funzione del micro ambiente dove la pianta troverà dimora, piantagioni non di singole piante ma di gruppi differenziati, più resistenti nei confronti di eventi climatici estremi.

Il verde urbano di proprietà privata è soggetto a norme e regolamenti, queste norme di fatto limitano la libertà dei proprietari in funzione del beneficio pubblico delle piante private poste in aree urbane. La consistenza delle piante private in ambito urbano è notevole, e partecipa, assieme alle piante su suolo pubblico, alla definizione del patrimonio arboreo delle città, con benefici per tutti i cittadini. La libertà del cittadino privato possessore di piante arboree è limitata in funzione del beneficio pubblico, evidente e prevalente, dei suoi beni (le piante).

La libertà privata è limitata anche per questioni relative alla sicurezza. Le potature mal fatte possono provocare, nel lungo periodo, l'insorgenza di malattie dei tessuti legnosi, con ripercussioni sull'aumento del rischio di caduta di parti di pianta o di piante intere. Le cadute di piante private possono riguardare gli spazi frequentati dal pubblico.

Ad esempio l'abbassamento di piante spesso determina modifiche perenni nell'architettura degli alberi, i nuovi assi legnosi non sono stabili nel lungo periodo. È il caso dell'abbassamento di Conifere con taglio dell'unico apice, nel tempo assumono un'architettura a candelabro. I punti di inserzione al fusto dei nuovi assi legnosi non sono stabili nel tempo, per accumulo delle forze incidenti (vento) nei punti basali dei nuovi fusti.

Gli alberi ai quali è stata tolta molta vegetazione fotosintetizzante, ai quali sono state inferte grosse ferite di potatura, che hanno subito abbassamento, mettono in atto una serie di risposte alle lesioni, con la finalità di riacquisire nel più breve tempo possibile le dimensioni prima possedute. Le risposte alle lesioni o agli eccessivi tagli di potatura sono necessarie pena la sottomissione alle piante adiacenti, le quali d'improvviso trovano un volume nuovo da esplorare prima occupato dalla chioma delle piante menomate.

e di numorosi meccanismi, fra i quali: ringiovanimento, bilancio ormonale, aumento della vigoria, germogliamento di gemme avventizie e latenti anche su tessuti legnosi adulti, produzione di sostanze antimicrobiche, assenza di fioritura e fruttificazione, germogli sovranumerari ed affastellati, modifiche nell'architettura e nelle modalità di crescita. Le amministrazioni che adottano i regolamenti di tutela delle piante desiderano tutelare il verde urbano, le piante ed il Paesaggio nel territorio di competenza.

I Regolamenti sono precettivi, contengono sanzioni, i contenuti sono liberi (purché non in contrasto con la normativa), la loro funzione è quella di soddisfare un interesse pubblico, limitano la libertà privata in funzione di un interesse pubblico prevalente ed evidente.

I riferimenti per considerare interesse pubblico il verde privato, il paesaggio e le piante sono contenuti nella seguente normativa:

- Legge 10/2013 (art 1 attuazione del protocollo di Kyoto, art 6 sviluppo spazi verdi, art 7 alberi monumentali)

- Normativa sulle piante monumentali

- Piani di Governo del Territorio dei Comuni

- DL 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) per le aree con vincolo paesistico (modalità di compensazione ed autorizzazioni)

Le piante servono per l’attuazione del protocollo di Kyoto, in certi casi sono tutelate in quanto monumenti, costituiscono il paesaggio tutelato dal DL 42/2004.

Per ciò che concerne il verde privato la legge 10/2013 prevede: “… i comuni, ciascuno nell'ambito delle proprie competenze e delle risorse disponibili, ... adottano misure volte a favorire il risparmio e l'efficienza energetica, l'assorbimento delle polveri sottili e a ridurre l'effetto «isola di calore estiva», favorendo al contempo una regolare raccolta delle acque piovane, con particolare riferimento:

a) alle nuove edificazioni, tramite la riduzione dell'impatto edilizio e il rinverdimento dell'area oggetto di nuova edificazione o di una significativa ristrutturazione edilizia;

b) agli edifici esistenti, tramite l'incremento, la conservazione e la tutela del patrimonio arboreo esistente nelle aree scoperte di pertinenza di tali edifici;

c) alle coperture a verde.....al fine di favorire, per quanto possibile, la trasformazione dei lastrici solari in giardini pensili;

d) al rinverdimento delle pareti degli edifici, sia tramite il rinverdimento verticale che tramite tecniche di verde pensile verticale;

g) alla creazione di percorsi formativi per il personale addetto alla manutenzione del verde, alla sensibilizzazione della cittadinanza alla cultura del verde attraverso i canali di comunicazione e di informazione.

La legge prevede anche obblighi per le Amministrazioni comunali: bilancio arboreo comunale entro la fine del mandato (piante messe a dimora su suolo pubblico), censimento e consistenza arborea del territorio di competenza di proprietà pubblica, obbligo di dotarsi di quantità minime di spazi a verde pubblico e di approvare le necessarie varianti urbanistiche entro il 31 dicembre di ogni anno, realizzazione di grandi aree verdi pubbliche nell'ambito della pianificazione urbanistica nelle aree a maggior densità edilizia, predisporre corsi per il personale addetto non dipendente ed iniziative per la popolazione sulla cultura del verde.


Obiettivi per la pianificazione del verde pubblico



Anche il DL 42/2004 interviene nella definizione di beni ambientali tutelati di interesse pubblico, definendone alcuni per legge, sia di proprietà pubblica che privata.

L’argomento è comunque complesso e necessiterebbe di molti approfondimenti, in ogni caso le pubbliche amministrazioni che adottano i regolamenti del verde riconoscono alle aree a verde private, alle piante ed al paesaggio un prevalente interesse pubblico, i regolamenti tutelano questo interesse.

Per questo motivo sono richieste autorizzazioni in caso di modifica dei beni privati oggetto di interesse pubblico, ad esempio per l'abbattimento delle piante o per interventi di manutenzione straordinaria.

L’amministrazione comunale non si sostituisce al privato cittadino nella gestione dei suoi beni (le piante), bensì ne limita la libertà per tutelare l’interesse pubblico dei beni privati (le piante).

Il possessore di piante può commissionare indagini approfondite per conoscere lo stato delle sue piante, scegliere il tecnico che più gli aggrada, quello con la migliore offerta economica, decidere quali lavori eseguire fra quelli permessi ed il destino delle sue piante.

Normalmente sono motivi favorevoli all’abbattimento di piante quelli legati alla pericolosità, presenza di malattie, danni a manufatti o persone, elevato rischio di cedimento.

In generale le questioni sulle piante sono mal poste, si ritiene infatti che la caduta degli alberi sia naturale, cioè che le piante naturalmente cadano, o che la caduta sia dovuta a pura casualità e che il cedimento abbia un nesso causale con gli eventi climatici. In realtà le cause di cadute e cedimenti di alberi si conoscono, la responsabilità esclude il caso fortuito (evento indipendente dalla volontà, non prevedibile ed eccezionale, inevitabile poiché non evitabile con le normali cautele). Nella maggioranza dei casi il caso fortuito non c'entra con la caduta, questa avviene per cause note e prevedibili (n° 2/2022 Rivista Habitat, "La caduta di piante in ambito urbano").

Sulla responsabilità se ne è occupata anche la Cassazione (Cass. Civ. Sez III, 20.11.2009, n° 24530. Cass. Civ. 24.01.1975, n° 280. Cass. Civ. Sez III, 9.2.2004, n° 2430, ECC).

In numerosi Comuni sono in vigore Regolamenti per la tutela delle piante arboree, con sanzioni previste in caso di inosservanza delle norme contenute, ad esempio abbattimento di piante in assenza di autorizzazione.

Orbene sono sanzionati anche gli interventi di potatura mal eseguiti e difformi rispetto alle modalità concesse dal regolamento. Come già accennato la finalità delle sanzioni e del regolamento è quella relativa ai benefici pubblici delle piante private, ed alla sicurezza poiché le potature mal eseguite possono, nel lungo periodo, influire sulla stabilità.

Le sanzioni per interventi di potatura difformi al regolamento sono elevate e forse non chiare. Vale a dire vengono sanzionati interventi di capitozzatura, ma non è ancora stata definita con chiarezza la capitozzatura, rendendo spesso non chiaro l'oggetto della sanzione.

A fronte di sanzioni elevate sarebbe opportuna una migliore informazione circa l'oggetto della tutela (piante private), responsabilità, modalità vietate di potatura, entità delle sanzioni, interventi che possono essere eseguiti senza autorizzazione (manutenzione ordinaria) ed interventi vietati. Queste opere di informazione sono auspicate dalla legge 10/2013.

Inoltre per le aziende che si occupano di verde urbano, i cui interventi sono stati oggetto di sanzioni, la partecipazione a corsi di aggiornamento, peraltro previsti dalla legge 10/2013 (art 6 lettera g "Le Regioni, Le Province ed i Comuni...adottano misure per la formazione del personale...creano percorsi formativi per il personale addetto alla manutenzione del verde..).


Obiettivi per il verde pubblico



In merito ai Regolamenti del verde comunali, in molti casi prevalenti rispetto ai contenuti del Codice Civile (es distanza delle piante dai confini), sarebbe opportuna una maggiore uniformità nei contenuti. Gli aspetti positivi della frammentarietà dei regolamenti risiede nel fatto che ogni Comune può avere specificità, particolarità botaniche, endemismi, meritevoli di tutela. Dall'altro ogni comune può regolamentare il proprio verde ed il proprio ambiente, con il risultato che a brevissima distanza le regole possono cambiare considerevolmente.

L'uniformazione dei regolamenti del verde non può essere fatta su base geografica, es provinciale.

Nel terriotrio di una stessa provincia possono essere presenti ambienti urbani molto diversi fra loro. L'uniformità dei regolamenti del verde potrebbe essere realizzata in funzione della grandezza dei comuni (numero di residenti) ed in base all'altitudine. Ad esempio regolamenti per Comuni con abitanti < 5.000 persone, tra 5000 e 10.000, ecc.

L'uniformità sarebbe opportuna anche per gli oneri di compensazione ambientale in caso di abbattimenti, allo stato attuale molto diversi nei differenti Comuni che hanno adotatto regolamenti per la tutela dell'ambiente urbano.



Dr. Luciano Riva




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