Biochar: una soluzione a emissioni negative per l'agricoltura e l'ambiente
L’ultima Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 2021, conosciuta anche come COP26, si è conclusa con l’accordo tra i 196 Paesi che sono parte della Convenzione della necessità di mettere in atto politiche climatiche sempre più stringenti in grado di mantenere la temperatura globale entro un aumento massimo di 1,5°C rispetto all’epoca preindustriale. Ciò significherà aggiornare e rinforzare le misure adottate dai diversi Paesi, considerando quanto fatto fino ad oggi sostanzialmente insufficiente.
Per raggiungere gli obiettivi climatici a lungo termine, in futuro l’anidride carbonica dovrà essere sottratta e stoccata in modo permanente.
Oggi si conoscono alcune tecnologie a emissioni negative, basate su approcci biologici (per esempio l’imboschimento o la riforestazione) o tecnici (come la filtrazione dell’aria).
Tra queste tecnologie si sta sempre più affermando il “biochar”, o meglio il “sistema biochar”, cioè la produzione e applicazione al suolo di biocarbone in qualità di ammendante agricolo, ormai da molti considerato una delle più promettenti strategie di mitigazione climatica e contestuale miglioramento della fertilità globale dei suoli.
Tale tecnica prende origine dalla scoperta nell’Amazzonia brasiliana di terreni molto fertili, scuri, con elevata dotazione di carbonio e presenza di numerosi microrganismi, in contrapposizione con i suoli adiacenti, che risultano alterati, rossi, acidi, poco fertili. La caratteristica di questi particolari suoli, chiamati “terra preta dos indios” (terra nera degli indios) deriva dall’alto contenuto di materiale carbonioso, prodotto dalla combustione incompleta di residui vegetali e introdotto volontariamente nel terreno dalle popolazioni locali nel corso di migliaia di anni.
IL BIOCHAR
Di aspetto uguale al carbone vegetale, il biochar è il prodotto della pirolisi, cioè della combustione in assenza o limitata presenza di ossigeno a carico della sostanza organica, nello specifico, per la legislazione italiana, di una biomassa vegetale, cioè di quel materiale organico costituito principalmente da cellulosa, emicellulosa e lignina in aggiunta a una minore quantità di estrattivi organici, minerali inorganici e acqua. Differenti sono i materiali di partenza utilizzabili, sia prodotti direttamente dall’agricoltura e dalla selvicoltura, sia ricavati dai loro residui, o ancora per esempio ottenuti dagli scarti dell’industria agroalimentare.
Il risultato è una eterogeneità di biochar le cui caratteristiche finali dipenderanno oltre che dalla biomassa di partenza anche dalla specifica tipologia di processo.
In termini di sua produzione, se il processo tradizionale per ottenere il carbone vegetale è stato per molti anni quello delle carbonaie, recentemente sono stati realizzati impianti di piccola, media e grande scala che utilizzano sistemi di pirolisi, gassificazione e pirogassificazione. Da queste macchine si ottiene un prodotto solido (biochar), un gas di sintesi (syngas) e un prodotto liquido (bio-olio/catrami) in proporzione differente a seconda del tipo di processo adottato, della temperatura a cui il processo avviene, della durata dello stesso.
Il biochar, in termini di sua caratterizzazione, è un materiale carbonioso con struttura aromatica complessa, di elevata resistenza alla degradazione chimica e microbiologica, in genere alcalino, a bassa densità, estremamente poroso, con elevato rapporto superficie/volume.
Le sue proprietà maggiormente caratterizzanti sono il contenuto in carbonio (che può arrivare fino al 90% in peso) e l’elevata recalcitranza di quest’ultimo, capace di persistere stabilmente per centinaia di anni senza essere degradato.
BIOCHAR E SUOLO
Il biochar conferisce al terreno un notevole miglioramento delle sue qualità agronomiche, a partire dalle sue proprietà fisiche, migliorandone la struttura, riducendone la densità apparente e aumentando la porosità e la capacità di ritenzione idrica. Il beneficio si esplica sia nei terreni più sciolti (sabbiosi) sia in quelli argillosi, che danno croste superficiali o che presentano problemi di eccessiva sodicità, migliorandone le proprietà meccaniche.
Il pH del terreno subisce un incremento, a causa delle sostanze basiche contenute nel biochar; in suoli acidi è quindi migliorata l’abitabilità da parte delle piante, che trovano maggior disponibilità di fosforo e minore di alluminio, fitotossico.
L’aumento della capacità di scambio cationico permette di trattenere notevoli quantità di cationi scambiabili, grazie anche alla elevata porosità e al conseguente altissimo rapporto superficie/volume del biochar.
Più acqua trattenuta significa minore lisciviazione degli elementi nutritivi, pertanto una loro maggiore disponibilità.
Da non sottovalutare è l’influenza del biochar sui cicli biochimici del suolo che si traduce in una sua spinta rinaturazione con effetti dimostrati in termini di biorisanamento dei terreni inquinati e soppressività nei confronti dei patogeni tellurici.
Ovviamente i risultati non sono generalizzabili in quanto influenzati da innumerevoli fattori, quali tipologia di biochar utilizzato, dosaggio e condizioni pedoclimatiche.
Una maggior fertilità significa una maggior efficienza fotosintetica, un maggior sviluppo della biomassa e quindi in un ulteriore maggior sequestro di carbonio.
In sostanza l’impiego del biochar comporta il miglioramento della fertilità globale (fisica, chimica e biologica) dei suoli, oltre a un apporto netto di nutrienti e a una loro minore lisciviazione, consentendo un minor impiego di concimi chimici, con minori spese per gli agricoltori e minor impatto sull’ambiente, minor consumo di risorse ed energia, nonché potenziamento della funzionalità dei microrganismi del terreno. A fronte di tale multifunzionalità, sono differenti i possibili settori d’impiego: dall’agricoltura tradizionale alla frutticoltura, dalla viticoltura all’olivicoltura, dall’orticoltura (tra cui la IV gamma) al florovivaismo e ai substrati di coltivazione, al verde urbano e sportivo, alla zootecnia, fino all’ambiente.
BIOCHAR E MITIGAZIONE CLIMATICA
Un aspetto di grande interesse del sistema biochar è il servizio ecosistemico ad esso connesso. Come già in precedenza accennato, la produzione di biochar e il suo impiego come ammendante nei suoli è un’efficace strategia per stoccare carbonio. Durante il suo processo di produzione, infatti, una quota significativa di carbonio di origine vegetale è “intrappolata” nella matrice finale. Questa quota è in gran parte stabile, ovvero persiste nel suolo per centinaia di anni.
In un ciclo naturale, la sostanza organica che ritorna al suolo si decompone in un tempo limitato, restituendo all’atmosfera l’anidride carbonica precedentemente assimilata dalle piante attraverso la fotosintesi clorofilliana. Con la pirolisi, una buona parte di questa anidride carbonica rimane stabilmente fissata nel biochar in forma di carbonio resistente alla degradazione, che successivamente immesso e stoccato nel suolo, ne rappresenta un sostanziale stabile pozzo. A titolo di esempio, con una distribuzione di 10 tonnellate per ettaro di biochar contenente il 70% di carbonio recalcitrante al 90% (cioè con il 90% di carbonio in forma stabile), si stoccano in maniera permanente 6,3 tonnellate per ettaro di carbonio, equivalenti a circa 23 tonnellate per ettaro di anidride carbonica (rapporto C/CO2 = 3,66). Oltre a questo aspetto di puro stoccaggio di CO2 nel suolo, l’applicazione del biochar alle colture agricole e in zootecnica contribuisce alla riduzione delle emissioni dirette di gas serra.
CONCLUSIONI
La crisi climatica in atto induce l’esigenza di individuare nuovi scenari di sviluppo sostenibile che impongono una riflessione sui modelli di sviluppo sociale ed economico fino ad oggi praticati. Il biochar, o meglio il “sistema biochar”, risponde a pieno a questi interrogativi offrendo benefici evidenti, dall’agricoltura all’ambiente. Proprio in termini ambientali, il biochar può infatti contribuire alla limitazione della produzione di anidride carbonica e a ridurre le emissioni di gas serra. Oggi, anche in virtù delle nuove politiche di contrasto del cambiamento climatico, il nascente interesse nell’effettivo riconoscimento del servizio ecosistemico connesso all’utilizzo del biochar sotto forma di crediti di carbonio rappresenta una reale opportunità per tutta la sua filiera, dai produttori agli utilizzatori, poiché è potenzialmente in grado di produrre quella spinta alla definitiva diffusione di questa antica ma innovativa tecnica.
ALCUNE INDICAZIONI OPERATIVE:
- La dose consigliata per ettaro è di minimo 10 tonnellate
- La funzionalità del biochar nel suolo è pluriennale, fino a dieci anni; quindi si suggerisce una sola applicazione e non una applicazione annuale
- Il biochar va distribuito bagnato, per evitare le emissioni in atmosfera di polveri sottili, e interrato nei primi 15-20 centimetri di suolo con una semplice erpicatura
- Visto ancora l’attuale alto costo di mercato, è più indicato nelle produzioni ad alto reddito (per esempio è più adatto in viticoltura che in cerealicoltura)
Dr. Alessandro Pozzi*
*Agronomo, opera a livello internazionale nel settore della carbon strategy e della sostenibilità in agricoltura.
È Presidente di ICHAR, Associazione Italiana Biochar (www.ichar.org).
Dr. Alessandro Pozzi
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